L’estate sta finendo e per il turismo estivo è tempo di primi bilanci, anche se in questo 2020 tutti vorrebbero soprassedere ad una contabilità che già si sa disastrosa. Quanto disastrosa lo ha già anticipato Raffaele Rio, presidente dell’istituto Demoskopika, che svolge ricerche economiche, di mercato e sui consumi: sarebbero 50.000 le imprese del turismo a rischiare la chiusura, a causa della perdita di solidità finanziaria, con una contrazione del fatturato di almeno 12 miliardi di euro: una mortalità che metterebbe seriamente a rischio circa 220.000 posti di lavoro, la metà dei quali concentrata al Nord. Senza considerare l’indotto. In termini di soli flussi inbound, lo scenario peraltro non cambia con il Ferragosto che non è riuscito a salvare la stagione, soprattutto per la contrazione degli arrivi internazionali, calati di circa il 70% rispetto al 2019, quando i turisti stranieri erano stati 5 milioni (oltre 37 milioni di presenze, per un fatturato di 4 miliardi di euro). Una contabilità, come si diceva, deprimente.
Alla quale va aggiunto anche il bilancio della discussa Tax credit vacanze, il bonus, che in tutto agosto ha visto erogati controvalori per appena 600 milioni (dati Mibact), sui 2,4 miliardi ipotizzati al varo del provvedimento. È vero che la validità del bonus continuerà fino a tutto dicembre, ma per ora si può parlare di un mezzo flop, per altro ampiamente annunciato. Infine, il crollo delle città d’arte, le più colpite dall’evaporazione turistica dettata dalla pandemia: secondo Federalberghi il calo è del 70-80%, con possibilità di peggioramento se settembre dovesse proseguire il trend. Venezia, ad esempio, solo lo scorso anno vantava 37 milioni di presenze turistiche e di queste ben 27 milioni erano stranieri; a Roma, su 32 milioni di presenze 22 milioni erano stranieri; a Firenze si contavano 11 milioni di stranieri su 15 milioni di presenze in generale mentre a Milano 9 su 15 milioni.
Secondo Investireoggi gli stranieri che spendevano 44 miliardi di euro, nel 2020 ne spenderanno 4,4. L’Italia non va bene, insomma, ma anche il resto del mondo soffre: per l’Organizzazione mondiale del turismo (Unwto), la crisi sanitaria ha generato perdite globali per 320 miliardi di dollari da gennaio a maggio 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.
All’orizzonte (almeno fino alla diffusione del vaccino anti-Covid, ma probabilmente anche ben oltre) non vi sono soluzioni rapide per un ritorno allo status quo ante, che forse non tornerà più, almeno nelle modalità cui eravamo abituati. Il turismo si dovrà assestare su frontiere diverse, più rispettose dell’ambiente, sostenibili, e moderne, digitali. L’accesso a comunicazioni, dati e servizi quasi illimitati e in tempo reale, implicherà per i turisti un nuovo approccio di viaggio, che inizia prima di imbarcarsi, continua nelle località scelte e non termina con il ritorno a casa, grazie ai social e alla creazione di community di condivisione delle esperienze, cultura, gastronomia e offerte storico-artistiche dalle loro mete. “Anche un nuovo modo di interagire con gli altri membri del gruppo, con altri turisti con preferenze simili e con la popolazione locale – secondo Ansa Nuova Europa.
Per le aziende e le agenzie turistiche, nel totale rispetto della privacy, significa raggiungere meglio interessi, tendenze e abitudini per proporre vacanze su misura e senza cattive sorprese. Stando al report “Merged reality” di Ericsson, il 25% degli intervistati nel settore del turismo, già attivo nello sperimentare nuove tecnologie, crede che presto esploreremo le destinazioni attraverso informazioni e mappe abilitate in realtà aumentata e virtuale, soprattutto quando il 5G sarà concreto, sui nostri smartphone”.
La velocità del 5G, le tecnologie che spostano un alto contenuto di dati, hanno il potenziale di portare il turismo verso un livello successivo, in grado di riaccendere nei consumatori l’interesse che gli ultimi mesi hanno, inevitabilmente, indebolito. La tecnologia digitale, insomma, per il turismo dell’anno zero.