La Bielorussia come l’Ucraina? È un parallelo spesso fatto nei commenti sui recenti eventi in Bielorussia, che va approfondito per evitare conclusioni affrettate. La Bielorussia (poco più di 9 milioni di abitanti) presenta una maggiore omogeneità nazionale rispetto alla Ucraina (più di 40 milioni di abitanti), in cui sono più presenti e più forti minoranze di diverso tipo, in particolare quella russofona all’origine della guerra che da anni affligge le regioni del Donbass. Questo è un aspetto che rende potenzialmente meno pericolosa la situazione bielorussa, resa invece peggiore dall’assetto statuale assunto dopo il crollo dell’Urss e la dichiarazione di indipendenza.
Nonostante i suoi evidenti difetti, a partire dalla pesante influenza degli oligarchi formatisi durante il periodo sovietico e dalla diffusa corruzione, in Ucraina si è affermato un sistema parlamentare. Il filorusso Yanukovich è stato cacciato dalle manifestazioni popolari, ma prima di lui erano stati eletti presidenti e formati governi sia filorussi che filooccidentali, come è avvenuto dopo la sua deposizione.
Il regime instaurato in Bielorussia può essere invece definito come l’unico sopravvissuto con caratteristiche sovietiche, almeno in Europa, governato dal 1994 da Aleksander Lukashenko con pugno di ferro ed elezioni “addomesticate”. Come nel caso della recente sua rielezione con percentuali bulgare, che ha dato luogo alle recenti ampie manifestazioni di protesta.
In queste manifestazioni vengono chieste le dimissioni di Lukashenko, ma qui si pone il problema derivante dalla diversa situazione rispetto all’Ucraina: cosa fare dopo? Libere elezioni, certamente, ma se non cambia l’apparato statale sarà difficile evitare che il successore abbia più o meno le stesse caratteristiche di chi lo ha preceduto.
D’altro canto, il passaggio a un sistema realmente democratico, sia pure imperfetto, si presenta tutt’altro che facile, date le inevitabili resistenze di chi in questo passaggio perderà potere e benefici. Le prospettive in questo caso sono di una estrema instabilità interna, se non peggio. Qui l’Unione Europea e Washington devono ricordare che la politica del regime changing, senza aver prima avanzato ipotesi concretamente attuabili per il dopo, ha provocato in diversi parti del mondo enormi danni, duramente pagati dalle popolazioni locali.
Gli errori commessi nella gestione della crisi in Ucraina dovrebbero rendere evidente che non si può tenere la Russia fuori dalle questioni che riguardano Stati ai suoi confini e già parte dell’Impero Russo. Ciò dovrebbe essere comprensibile soprattutto agli Stati Uniti, che si sono sempre pesantemente coinvolti nelle questioni di quello che consideravano il loro “cortile di casa”, l’America Latina. È quindi preferibile e oggettivamente più proficuo un confronto, pur decisamente critico, con Mosca piuttosto che una contrapposizione senza margine di trattative. Una strada che non è stata seguita per l’Ucraina e che sarebbe ancor più pericolosa con la Bielorussia, legata a Mosca da un patto di alleanza che potrebbe giustificare interventi diretti da parte dei russi. Una possibilità questa già enunciata da Vladimir Putin, anche se configurata come un’operazione di polizia per riportare l’ordine nel Paese e considerata un’ipotesi estrema.
I rapporti tra Bielorussia e Russia si sono ultimamente deteriorati ed è pensabile che l’interesse principale di Putin non sia il mantenimento di Lukashenko al potere, ma che il Paese non sfugga alla sfera di influenza russa. Secondo diversi commentatori Putin avrebbe anche paura delle conseguenze che l’instaurazione di un sistema democratico a Minsk avrebbe per il suo regime autoritario. Tuttavia, la principale preoccupazione di Putin sembrerebbe piuttosto quella dell’accerchiamento da parte degli Stati Uniti, con la conseguente riduzione del ruolo della Russia in Europa. Una questione cui è probabilmente sensibile anche una parte non irrilevante della popolazione russa. La ondivaga politica americana ha, per contro, facilitato l’espansione russa in Medio Oriente e Nord Africa e aumentato la collaborazione di Mosca con Pechino in Asia.
Per quanto non sia una strada facile, sarebbe opportuno che Usa e Ue si prodigassero per raggiungere un accordo con Mosca per una cogestione della questione bielorussa. A Minsk è stata ufficializzato nel 1991 lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la sua trasformazione nella Csi, la Comunità degli Stati Indipendenti. Il 2014 è la data della firma del Protocollo di Minsk tra i rappresentanti di Russia, Ucraina e delle due Repubbliche separatiste del Donbass, sotto l’egida dell’Osce. Il Protocollo non ha avuto grandi esiti per la soluzione del conflitto in Ucraina, ma è un precedente che potrebbe dar luogo a un nuovo accordo di Minsk con maggiori possibilità di successo.
L’alternativa rischia di essere la trasformazione di Minsk nella Danzica all’origine della terza guerra mondiale, e questa volta non a pezzetti.