Si sono dimessi quasi tutti i protagonisti del “pasticcio” occorso lo scorso 21 marzo con la famosa circolare Dap che imponeva la scarcerazione per 223 boss mafiosi per «rischio Covid»: il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha invece cercato di rimediare all’errore producendo un Decreto legge che provasse a rimettere in carcere quanti più condannati possibili dopo le fortissime polemiche scaturite post-circolare Dap. Ecco che però i numeri mostrati oggi da Repubblica smentiscono il successo del Decreto Bonafede: sono infatti 112 i mafiosi (su 223 condannati) che sono rimasti ai domiciliari dall’aprile scorso nonostante il provvedimento d’urgenza del Guardasigilli che avrebbe dovuto ad inizio maggi riportarli tutti in carcere. Rep ha chiesto i numeri esatti al Ministero della Giustizia che dopo qualche settimana ha concesso i dati dove si scopre che non solo 112 boss sono ancora ai domiciliare ma che il Ministro Bonafede ha riportati dati non esatti il 14 maggio scorso. «498 scarcerati tra alta sorveglianza e 41 bis» aveva detto il titolare della Giustizia, ma dal Dap spiegano che invece sono solo 223 quelli usciti per patologiche che avrebbero potuto provocare rischi concreti col Covid-19 «per gli altri 275 il beneficio dei domiciliari era legato a cause diverse, fisiologiche cause processuali, applicazione di benefici previsti dalla legge, motivazioni sanitarie pregresse del tutto distinte dal rischio Covid».
BOSS IN CASA: I NOMI ECCELLENTI
Il Ministero della Giustizia replica all’articolo di Repubblica dicendo che si è fatto di tutto «per far fronte alla situazione che si era venuta a determinare». Non solo, i tecnici di Bonafede sottolineano come il Decreto ha imposto ai giudici «rivalutazioni periodiche delle posizioni degli scarcerati». Diversi boss considerati pericolosi sono ritornati in carcere dopo il Decreto Bonafede ma il problema sono i 112 ancora fuori: come vi abbiamo già raccontato nei mesi scorsi, il Tribunale di Sassari ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sul decreto dopo l’appello del boss dei Casalesi Pasquale Zagaria. «quell’obbligo di rientrare in carcere potrebbe violare la sfera di competenza riservata all’autorità giudiziaria e quindi il principio di separazione dei poteri». Ma questo è solo uno dei tanti casi limite che si sono sollevati dopo il Decreto: come riporta Tg Com24, ai domiciliari restano diversi altri come i tre boss della provincia di Palermo (Giuseppe Libreri, di Termini Imerese; Stefano Contino di Cerda; Diego Guzzino di Caccamo) ma anche Pino Sansone, considerato vicino a Totò Riina, o anche Gino Bontempo accusato di procurarsi contributi Ue da destinare alla mafia dei Nebrodi. Il Ministero comunque reputa decisivo l’intervento di Bonafede nell’essere riuscito a rispettare l’autonomia dei giudici ma allo stesso tempo «li ha chiamati a riconsiderare tutti i provvedimenti di scarcerazione e ha consentito di fare rientrare in carcere i boss più pericolosi». Il problema però resta, con 112 boss mafiosi ancora oggi ai domiciliari.