Quello di credere che l’Italia sia il peggiore dei mondi e che le sue classi dominanti (che di norma si denominano, sbagliando, come “dirigenti”) siano le peggiori del mondo è un elemento distintivo delle italiche classi medie, che un tempo si sarebbero dette “intellettuali”: oggi dobbiamo solo definirle come “scolarizzate”. È un vezzo antico, che vichianamente (da Giambattista Vico), ritorna nei cicli e corsi e ricorsi degli universi simbolici collettivi. Ebbene: non vi è nulla di più errato.
Questa presunta identificazione negativa delle cuspidi italiche dominanti è sempre stata usata dai ceti dominanti “compradori”, ossia di fatto “vendidori” delle risorse private e pubbliche italiche, per continuare nel loro disegno distruttore e per riprodursi. Esse sono costituite da quei segmenti dei ceti dominanti che vivono saprofiticamente di mediazione economica e politica con potenze estere o con organizzazioni sovranazionali (tipo Onu, Bce, Unione Europea, Oms, ecc.). Queste classi “vendidore” sono formate da alcune centinaia di migliaia di persone scolarizzate che controllano gli snodi cruciali della poliarchia pluricefala continentale: banche, aziende di varia definizione merceologica e soprattutto quotidiani e organi di stampa, che formano quel landscape ideologico continuamente alimentato da costoro.
Certo, i nostri attuali parlamentari sono penosi quanto a formazione intellettuale e soprattutto incapacità realizzativa e in più, tragicamente, non sono autonomi dalla società civile: ossia non rappresentano più, come dettava e detta la Costituzione, la Nazione, ossia la Patria, ossia il popolo sovrano, ma invece interessi particolari, privati e di camarilla e spesso pongono in pericolo coloro che dovrebbero rappresentare. Ciò è emerso plasticamente con l’apertura delle discoteche durante Ferragosto, per chiuderle subito dopo quella festività, favorendo la diffusione, nuovamente, del coronavirus. E altresì agiscono nello stesso modo non curando dignitosamente i migranti, sui cui dolori, invece, ogni giorno speculano nulla facendo per lenire le loro sofferenze.
Ma non c’è da strapparsi le vesti invocando il monarca straniero. Poteva farlo il sublime Dante Alighieri pellegrino ghibellino, ma non deve farlo l’italiano di oggi. La fine del mondo della civiltà politica è universale. Guardate alla Germania. È stata investita dallo scandalo dieselgate, oggi da quello Wirecard (e si scopre che questa società di pagamento on line stava per acquistare Deutsche Bank e che l’amministratore delegato è sfuggito all’arresto rifugiandosi chi dice in Bielorussia e chi dice in Russia, sotto la protezione dei servizi segreti russi e tedeschi) e mentre ciò accade la cancelliera Merkel, che molti italici adorano, attacca la Russia e Putin come avvelenatore di un oppositore che, udite udite!, sfugge alla morte… rifugiandosi in Germania con un aereo speciale che ha potuto atterrare e ripartire dall’infernale Russia di Putin, quel Putin accusato come spietato dittatore. Con altro braccio la cancelliera – ripeto: cancelliera – signora Merkel stringe a sé il presidente cinese che è noto in tutto il mondo per la sua difesa dei diritti umani.
E che dire di Macron? Ha perso la testa: è tornato già due volte in Libano dove incita la folla alla rivolta come un Di Maio qualsiasi sugli Champs Élysées, mentre il dominio francese in Nord Africa e nel Grande Medio Oriente crolla miseramente dopo la Siria e nonostante le avvedute manovre militari della diplomazia francese nelle acque mediterranee dirette a contenere il neo-imperiale potere neo-ottomano.
E che dire della situazione negli Usa? Lì la caduta precipitosa della qualità umana, culturale, morale (basta leggere le memorie di Oliver Stone per averne un quadro drammatico) della classe politico-plutocratica è spaventosa. Trump ha interpretato un cambiamento storico necessario (riprendere la Guerra fredda contro la Cina e appoggiare l’industria e non la finanza), ma ha continuato – nonostante e proprio forte di quella svolta anti-cinese – quell’unipolarismo disastroso iniziato con Clinton e i Bush e abbandonato solo dall’ultimo Obama. E che dire del suo sfidante elettorale Biden? Egli rappresenta in primo luogo la deriva finanziaria di una classe dominante nordamericana che ha condotto la nazione sull’orlo del disastro economico, con l’eccesso di delocalizzazione. E altresì la volontà di indebolire quella che è l’unica possibilità geopolitica degli Usa e del mondo per ritornare a una stabilizzazione geopolitica, ossia l’alleanza con la Russia. E basta sentire i dibattiti televisivi Usa pre-elettorali per mettersi le mani nei capelli e cadere nella disperazione.
Insomma, la decadenza delle classi politiche è un fenomeno mondiale e contro di essa interi gruppi sociali appartenenti ai più diversi ceti e alle più diverse nazioni si sono posti in marcia in rivolte che assumono molteplici forme.
Non stracciamoci le vesti, dunque, e rileggiamo Julien Benda e i suoi libri degli anni Venti e Trenta del Novecento. Scopriremo che l’unica salvezza è una nuova rivoluzione gobettiana: una rivolta morale che unisca conservatori e democratici, socialisti e liberali. È un percorso di mezzo prima della resurrezione. Un percorso da fare insieme per un lungo tratto di strada: Très vaste programme! avrebbe detto un grande del Novecento (Charles De Gaulle). Non disperiamo! Tanto più grande è il compito, meno grave è il peso di doverlo compiere: non siamo soli nel mondo, e questo ci deve bastare!