Religione? Sì, ma senza Chiesa

Molto tempo è passato dai tempi della rinascita religiosa russa. La chiesa ortodossa ha recuperato posizioni e strutture, ma ha perduto il popolo

Tempo di ripresa scolastica, covid permettendo, anche in Russia. Tra le novità del nuovo anno scolastico anche un nuovo manuale di “religione” per le classi VII e VIII, dalla cui preparazione sono stati esclusi per principio i leader religiosi, e per il quale ci si è affidati unicamente a esperti di profilo accademico.

A illustrare gli esiti del nuovo progetto, in un’intervista uscita la settimana scorsa su una rivista specializzata, è Ekaterina Elbakjan, una degli autori del nuovo manuale. La sua teoria – nel descrivere il testo e le sue caratteristiche – è quella classica, “illuminista”: un manuale deve possedere “imparzialità (almeno tentativamente), obiettività, un’esposizione pacata del materiale senza giudizi di valore, elogi o condanne, cioè deve avere un approccio che non sia né critico né apologetico rispetto all’oggetto di studio e di descrizione”. Cosa che, ovviamente – secondo la Elbakjan – nessun credente sarebbe in grado di fare, rispetto alla sua religione. Del significato che possa avere la testimonianza di un’esperienza vissuta in prima persona, o della libertà di vagliare criticamente delle proposte di valori, non c’è nemmeno l’idea. Non manca poi una frecciata anticlericale, nel paragone – poco lusinghiero – fatto dalla studiosa per illustrare le motivazioni della scelta: “…ma allora, chi dovrebbe essere autore di un manuale di zoologia, ad esempio? Vale a dire, l’oggetto di studio e il soggetto che lo studia non necessariamente debbono essere coincidenti”.

Piena omologazione con la mentalità laicista occidentale? Sì e no: in ogni caso, considerando la storia recente della Russia sotto questo profilo emergono alcune riflessioni interessanti anche per il nostro presente e futuro. Non bisogna dimenticare che dopo il settantennio sovietico, quando alla fine degli anni 80 iniziò il processo che va sotto il nome di “rinascita religiosa”, nel Paese si assisté realmente a un’impressionante ondata di conversioni: la gente affluiva in massa alla Chiesa chiedendo confusamente – attraverso il battesimo – una luce in un mondo in cui i fari dell’ideologia si erano spenti da un pezzo e il “credo” comunista aveva perso ogni credibilità. Nel contesto di allora la Chiesa – vessata e in parte anche connivente, suo malgrado, con il regime – appariva il luogo di un’autenticità umana altrimenti impossibile da incontrare.

Il simbolo della Chiesa in quegli anni è la luminosa figura di padre Aleksandr Men’, un sacerdote ortodosso conteso da radio, televisione, giornali, scuole, centri culturali per la sua straordinaria capacità di mostrare tutta la bellezza disarmata e disarmante di Cristo, vivo e presente, agli occhi di persone sistematicamente educate nell’ateismo, abituate a pensare alla religione come a un relitto del passato oscurantista, a un mito ammannito da chi aveva interesse ad addormentare le coscienze (appunto, l’“oppio dei popoli”). Padre Aleksandr venne ucciso a colpi di scure da ignoti la mattina del 9 settembre 1990, trent’anni fa. La sua morte – come testimonia indirettamente anche l’inchiesta sviata e insabbiata – fu uno degli ultimi colpi di coda di un regime che vedeva nella Chiesa un temibile avversario al mantenimento dello status quo.

Che uso ha fatto la Chiesa, in questi trent’anni, del prestigio morale di cui godeva, della fame e sete di verità, di guida che esisteva – ed esiste tuttora fra la gente? Come amano orgogliosamente mostrare gli esponenti della gerarchia, abbiamo assistito a una straordinaria ricostruzione del tessuto ecclesiastico: si sono moltiplicati gli edifici aperti al culto, le diocesi, le parrocchie, i monasteri, gli istituti di istruzione religiosa media e superiore, le strutture assistenziali e caritative. Ma sempre più frequentemente si ha l’impressione di una spaccatura morale fra Chiesa e società civile.

Non è solo un problema di generale indifferenza al problema religioso, oppure di identificazione tra identità nazionale e religiosa (“sono russo e quindi ortodosso, non devo far altro”), a motivare la bassa frequenza alle funzioni (si registra un massimo del 2% della popolazione in occasione del Natale e della Pasqua); colpisce il tono sarcastico, sfiduciato con cui sempre più gente parla della Chiesa. Atteggiamenti dispotici, intolleranti, legalisti, preoccupati di non perdere terreno in “questo mondo” e quindi sempre alla rincorsa dei favori del potere statale, assunti sovente dai vertici della gerarchia, alienano sovente alla Chiesa le simpatie di quanti nella società, viceversa, stanno contribuendo attivamente al rinascere della società civile attraverso libere iniziative, volontariato e così via. Njuta Federmesser, oggi una figura-simbolo nella società russa per aver organizzato la prima rete di hospices, si definisce una “cristiana-volontaria”, ovvero una credente in Cristo e nel valore della fede, ma indipendentemente dalle strutture ecclesiastiche, e si oppone recisamente a che queste ultime possano metter piede e assumere un ruolo nella sua opera assistenziale.

Così, ritornando al tema della scuola, i manuali “accademicamente neutrali” di oggi sono in realtà una risposta ai primi manuali di “Fondamenti di cultura ortodossa”, scritti da esperti ortodossi e introdotti nella scuola primaria sperimentalmente fin dagli anni 90 e poi ufficialmente, a livello federale, dal 2010 insieme alla materia omonima. Da subito quei manuali erano stati al centro di forti polemiche a motivo del loro spirito di intolleranza, della loro preoccupazione di indicare e denunciare ovunque “nemici” della fede ortodossa, e negli anni hanno visto, insieme alla materia, un vasto boicottaggio da parte delle famiglie – anche credenti, addirittura di sacerdoti ortodossi – che nella maggioranza dei casi hanno finito per preferire alla “cultura ortodossa” la più pacata “etica laica” (opzione alternativa nei programmi scolastici).

In altri termini, l’idea di un cristianesimo “forte”, “potente”, che riesca a imporsi nella società e a far valere le sue leggi morali magari grazie anche al sostegno dell’autorità statale non ha retto alla prova; anzi, il rigurgito di laicismo a cui si assiste oggi in Russia, e che ha radici recenti (non esisteva trent’anni fa), pesca nella delusione e nell’insofferenza per un cristianesimo ultimamente snaturato.

Ne sono una prova la stima e il credito di cui – viceversa – sono circondate persone e comunità che testimonino il volto umano, libero, misericordioso del cristianesimo, e la vitalità di movimenti di volontariato, di informazione, di impegno nel sociale che, magari in maniera “anonima”, portano avanti valori ed esperienze che si alimentano al cristianesimo.

Nei suoi Diari, fin dagli anni 70 padre Aleksandr Šmeman richiamava alla “terribile, demoniaca ambiguità della religione” quando pretende di offrire o costruire su qualcos’altro che non sia Cristo: “Nella religione tutto ciò che non viene da Cristo, non è in Lui, per Lui e verso di Lui – tutto questo viene dal diavolo… Per questo – continuava Šmeman – è peccato chiamare peccato qualcos’altro: il peccato è non ‘trasformare’ la religione in conoscenza, amore e vita di Cristo”.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.