«Voglio mostrare che in Francia non si può morire con dignità»: lo aveva promesso Alan Cocq dopo aver ricevuto il “no” sostanziale all’eutanasia del Governo Macron-Castex solo 2 giorni fa. Ora però la novità è duplice: stanotte il 57enne francese – affetto da una malattia rarissima degenerativa e incurabile – ha annunciato in diretta social di aver interrotto idratazione, alimentazione e cure per lasciarsi sostanzialmente morire in diretta nazionale. «La strada per la liberazione inizia e, credetemi, sono felice» ha ribadito Cocq, ma la lunga e straziante diretta in video streaming del suo calvario (che sarebbe durato forse 3, 4 o 5 giorni) è stato bloccato da Facebook. Un portavoce del social network, interpellato sulla vicenda che già divide l’opinione pubblica e la politica, chiarisce «Pur rispettando la sua decisione di attirare l’attenzione su questa complessa questione, sulla base della consulenza di esperti, abbiamo adottato misure per impedire il live streaming sull’account di Alain poiché le nostre regole non consentono di mostrare tentativi di suicidio». Secondo Alain Cocq questa decisione viola la libertà di espressione, «Vengo rimpinzato come un’oca, con un tubo nello stomaco. Se devo restare qui a guardare il soffitto come un cogl*ne aspettando che passi, dico no».
COCQ VS FRANCIA (E CONTRO FACEBOOK)
La legge nazionale francese sul fine vita impone la possibilità di sedazione profonda ed eutanasia solo in persone con prognosi a breve termine, motivo per cui la malattia che va avanti da anni per Alain Cocq non rientra nella casistica. «Una sedazione profonda e continua fino alla morte”, ma solo se la persona ha una malattia incurabile e la sua prognosi è in pericolo di vita a breve termine», si legge nella legge del 2016 che norma il fine vita. Di contro però Macron stesso, nella lettera in cui rifiutava l’eutanasia per Alain, gli ha anche ribadito «con emozione, rispetto il suo approccio». E così la Francia dopo il caso Vincent Lambert si ritrova uno “spinoso” nuovo punto di scontro tra pro-choice e pro-life, ma anche molto di più: «Alain Cocq in Italia credo troverebbe ascolto. Lo addormenterebbero con la sedazione profonda, che è cosa ben diversa dall’eutanasia. È accaduto in passato: il medico ha certificato che la situazione di disagio e sofferenza psichica era intollerabile e così il malato inguaribile è stato sedato passando in alcuni giorni dal sonno alla morte. Il suicidio assistito no, non l’avrebbe neppure qui. Nonostante la Consulta abbia dichiarato che in determinate condizioni è legale, non essendoci una legge per il colpevole ritardo del Parlamento, non c’è una procedura per attuarlo», spiega Marco Cappato (tesoriere dell’associazione Coscioni) a Repubblica, accusando la Francia di non rispettare la libertà e dignità di Alain Cocq. Come invece sottolinea oggi sul Sussidiario.net con un editoriale in controtendenza alla “normale” polarizzazione di casi del genere (scandalizzati da richiesta di eutanasia contro incalliti difensori dell’autodeterminazione) Federico Pichetto «tutti cerchiamo senso e dignità al nostro dolore e per tutti è più facile trovarlo in un atto eroico e titanico che in un pianto drammatico in cerca di un abbraccio. Cocq vuole qualcuno che lo guardi, che lo segua, che spezzi il non senso della propria solitudine». La sfida è “tutta” nell’approccio che ognuno può essere chiamato ad esercitare idealmente con Alain e tutti coloro che soffrono come lui: una distanza moraleggiante (nell’uno o nell’altro verso) o una compagnia vicino che non elimini le problematiche ma che provi a sostenerle e accompagnarle.