Dopo che negli scorsi giorni è arrivata dalla Francia la notizia che il Governo Macron ha deciso di vietare i certificati di verginità soprattutto per arginare tale fenomeno (anche se a onoro di cronaca oramai sempre più raro) all’interno della comunità musulmana, si sono riaccesi i riflettori su quella che nel 2020 può sembrare una pratica anacronistica ma è diffusa in vari Paesi del mondo e non è nemmeno estranea all’Italia. Ma in cosa consiste esattamente un certificato di verginità, in che modo viene effettuato e quali sono le linee guida a tal proposito da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)? Innanzitutto va ricordato che proprio quest’ultima già dal 2018 ha parlato dei suddetti test in termini di violazione dei diritti delle donne: anche per tale motivo nell’Esagono si è deciso di penalizzare i medici ginecologi che li rilasceranno a quelle famiglie particolarmente conservatrici o che, prima delle nozze, volessero accertare che la futura sposa sia “illibata”.
CERTIFICATO DI VERGINITA’: COS’E’ E PERCHE’ E’ “ANTISTORICO”
Innanzitutto il certificato di verginità dovrebbe attestare che la donna in questione sia vergine e quindi l’imene sia intatto, anche se questo (unito al sanguinamento di cui si parla a proposito della prima penetrazione), è un altro falso mito che andrebbe sfatato): da qui la credenza errata che a dare validità all’esame sia l’aspetto dei genitali che possa certificare l’avvenuta o meno attività sessuale della donna, senza dimenticare che, anzi, negli ultimi anni sembrano aver preso sempre più piede gli interventi di imenoplastica ovvero la sua ricostruzione mediante intervento chirurgico. L’imene infatti può avere una elasticità e una dimensione variabile da donna a donna e, come ricorda la letteratura in materia, può essere anche completamente assente: per tale motivo l’esame di cui sopra per stabilire se una donna è vergine può essere fallace e non avere alcuna validità scientifica come ricordato dalla stessa OMS; anzi, lo stesso termine “verginità” è una convenzione sociale o religiosa a seconda delle culture di riferimento ma viene considerata una pratica che viola i diritti umani delle donne oltre che discriminatoria e alla stregua di una sorta di violenza sessuale perpetrata nei suoi confronti (va ricordato che sovente nel mondo tali test sono imposti e non scelti liberamente).
COME SI EFFETTUA IL TEST E I FALSI MITI SULL’IMENE…
Ad ogni modo il cosiddetto test di verginità si effettua attraverso il “metodo delle due dita” o dello speculum, volto ad ispezionare la forma dell’imene, una sua eventuale lacerazione e verificandone la lassità (ovvero il rilasciamento a cui è soggetto un tessuto) e anche lo stato delle pareti vaginali: ovviamente nessuno di questi metodi può certificare l’avvenuta o meno attività sessuale anche perché, come accennato la conformazione dell’imene stesso varia da donna a donna e non attesta che la persona in questione non possa aver avuto magari dei rapporti sessuali completi. Pratica ancora in uso in diversi Paesi del Medio Oriente e in Africa, come detto non è estranea nemmeno al mondo occidentale tanto che alcuni anni fa fece discutere negli Stati Uniti la notizia che alcune comunità cristiane protestanti che garantivano al padre della sposa un certificato che attestava la verginità della figlia da parte di un ginecologo (con tanto di cornice per il documento stesso) seguendo quanto scritto nella Bibbia a proposito della condizione con cui la donna si dovrebbe presentare al futuro marito.