FCA e PSA ieri hanno comunicato le nuove condizioni della fusione che era stata annunciata alla fine del 2019. Il titolo FCA ha festeggiato in Borsa con un rialzo di quasi il 10%. L’accordo, sulla carta, è peggiore di quello originario dato che il dividendo straordinario che verrà pagato da FCA prima della fusione passa da 5,5 miliardi di euro a 2,9 miliardi di euro, parzialmente compensato, per circa 1,3 miliardi, dall distribuzione agli azionisti FCA del 23% della controllata di PSA “Faurecia”.
Il mercato da mesi stava “speculando” su quello che sarebbe successo a un accordo firmato prima della diffusione dell’epidemia da Coronavirus e dei suoi impatti economici. Lo scenario, a settembre 2020, è completamente cambiato rispetto a quello di fine 2019. Come dimostra il caso LVMH/Tiffany, accordi che in altre fasi sarebbero stati immodificabili oggi vengono cancellati perché il contesto economico è cambiato radicalmente. Lo scenario di una cancellazione dell’accordo di fusione, in questo caso, è sempre stato percepito come remoto ed estremo. Le ragioni della fusione, risparmiare sui costi e sugli investimenti, non sono venute meno con il Covid; anzi, si sono rafforzate perché per mesi i dati sulle vendite di nuove macchine in Europa sono stati pessimi e la ripresa a “V” è solo uno dei tanti scenari possibili e, verosimilmente, nemmeno quello più probabile.
Le domande degli investitori gravitavano attorno alle condizioni economiche e alla loro modifica; la variabile meno prevedibile derivava dal fatto che dall’accordo originario di “fusione” emergeva nella sostanza e abbastanza chiaramente un “compratore” e un “venditore”. Il secondo era chiaramente identificabile nella parte che avrebbe percepito un dividendo straordinario di oltre 5 miliardi di euro di cui 1,5 sarebbero finiti a Exor. La modifica degli accordi era ovviamente lo scenario più probabile con l’unica, certamente remota, possibilità che il venditore non accettasse qualsiasi condizione. Le parti, presumibilmente, hanno trattato in tutti i modi perché questa è una fusione da cui non si può tornare indietro e perché la famiglia Agnelli, tramite Exor, perderà per sempre il controllo “solitario” della nuova realtà per diventare un investitore finanziario. Il prezzo della perdita del controllo può essere corrisposto solo una volta.
Il nuovo accordo evidentemente rassicura il mercato sia perché taglia per sempre lo scenario più spiacevole, per quanto improbabile, sia perché non si allontana in modo netto dall’accordo originario che però è stato firmato in un’altra epoca. In sostanza il mercato si attendeva modifiche “peggiori”. In questo senso il rialzo di ieri, e la “sorpresa” del mercato, non fa altro che confermare la sensazione iniziale e cioè che la fusione nasconde un compratore e un venditore che in qualche modo ha dovuto essere accontentato anche dopo il Covid.
In Italia rimarrà il “polo del lusso” o dell’alto di gamma; certamente la parte più difficile da sviluppare e oggi veramente piccola rispetto ai competitor. In tempi di recessione è inevitabile chiedersi che voglia avrà il nuovo gruppo di investire in un segmento così complicato con concorrenti così agguerriti.