Manca un “Camillo Ruini” alla chiesa e alla politica italiana? Probabilmente, ma potrebbe non essere solo quello il “problema” secondo il Cardinale per anni protagonista dei rapporti stretti tra Cei e Governi: in una lunga intervista del settimanale Tempi (pubblicata oggi su La Verità) avvenuta al ciclo d’incontri “Il potere della libertà” organizzato dall’associazione culturale Esserci e Centro francescano Rosetum (16-19 settembre), l’ex n.1 della Conferenza Episcopale Italiana confessa tutta l’amarezza per una Chiesa che oggi fatica a dialogare con il mondo politico. «Oggi in Italia il peso dei cattolici in politica è ridotto al minimo. Il problema sta nella debolezza del rapporto tra fede e cultura», spiega Ruini rammentando le parole di San Giovanni Paolo II, «una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». Per Ruini l’Italia, e non solo, vede politici cattolici che incarnano una diaspora totale tra cultura e politica: «si sentono liberi d prendere posizioni opposte, condivise da tanti altri cattolici loro elettori o comunque convinti che la propria fede personale non abbia determinate implicazioni culturali e politiche». Alla dura disamina, Ruini lancia un “consiglio” spassionato: «c’è bisogno di un lavoro educativo e di grande testimonianza di quei politici cattolici che non temono di andare contro corrente sulle questioni eticamente più rilevanti».
RUINI: “SERVE UN LEADER CONTROCORRENTE”
Per questo motivo, prosegue il Cardinal Camillo Ruini, servirebbe ad oggi in Italia (e non solo) un vero e proprio «leader controcorrente» che possa formarsi in un contesto educativo ben preciso, come è avvenuto in passato con la Democrazia Cristiana cresciuta nell’alveo delle associazioni cattoliche giovanili. Ruini spiega di aver lavorato per anni al “Progetto culturale” per costituire quel nuovo alveo di formazione per i politici cattolici, ma ammette amaramente «si è spento perché la Cei non se ne è più interessata, sebbene ci fossero vescovi e laici molto impegnati in esso». La critica alla gestione post-Ruini della chiesa italiana è netta da parte del Cardinale: «senza il supporto vero della Conferenza Episcopale, il Progetto si è afflosciato e questo è stato un danno molo grave». Come altro errore, sempre secondo Ruini, è quello di aver tenuto divisi e distanti la Chiesa ufficiale e il laicato: serve speranza e serve coraggio, virtù che solo «nostro Signore può darci», conclude Camillo Ruini, «Quando si accettò la sfida sul referendum sulla legge 40, quella sulla procreazione assistita dissi: “Guardate che noi non abbiamo paura”. Molti pensarono che fossi un po’ matto, ma io, in realtà, sapevo che ci sarebbe stata una fetta di popolazione che si sarebbe astenuta, così come era avvenuto nella precedente consultazione sull’articolo 18. In quell’occasione a me fu richiesto molto coraggio, anche se ero certo che sarebbe finita bene». Serve rischiare e qui Don Luigi Giussani – fondatore del movimento di Comunione e Liberazione – viene citato in profondità dal Cardinal Ruini: «c’è un elemento di rischio che bi- sogna affrontare perché nelle vicende umane non si sa mai come andrà a finire. È come nell’educazione: quando ci si espone con libertà c’è sempre un rischio, un “rischio educativo”, un pericolo di insuccesso – don Luigi Giussani ha spiegato molto bene queste cose. Ma bisogna rischiare, non si può non dare mai libertà per paura di rischiare».