CASO ALEX SCHWAZER. Ammettiamo che la perizia fuori tempo massimo del consulente della WADA sia onesta e non come quella che gli valse nel caso Claps una condanna a 18 mesi di carcere (poi prescritta). Ammettiamo che non sia dettata da rivalsa nei confronti del perito del Tribunale di Bolzano, che sempre nel caso Claps involontariamente smascherò il falso di alcuni suoi atti peritali. Ammettiamo che siano addirittura scientificamente sensate affermazioni tipo che un valore di concentrazione del DNA 1.000 volte più alto della media (allegato WADA in udienza del settembre 2019) sia credibile e non anomalo.
Ammettiamo che presentare la quantificazione di quel campione senza dire la quantità di urine su cui è stata fatta la analisi, senza protocollo di campionamento, senza garanzie sul suo stato di conservazione, con una sequenzialità sbagliata, senza ricorso alla plurimisurazione, senza un sistema antieffrazione del contenitore renda comunque quell’allegato “perfettamente credibile come prova giudiziaria” (pag. 12 della perizia WADA a firma Vincenzo Pascali). Ammettiamo che quella quantificazione abbia tutte le credenziali a posto e durante 12 mesi la WADA si sia semplicemente dimenticata di integrare le informazioni che mancavano.
Ammesso tutto ciò, prendiamo atto infine che nelle conclusioni il perito WADA critica la metodologia usata dal colonello Lago per quantificare il DNA: aver usato come indice di riferimento il DNA totale a fine estrazione e non il DNA urinario alla fine estraibile è stato “un grave errore”.
Non entriamo in merito al dibattito tecnico. Semplicemente constatiamo che il metodo usato dal perito del Tribunale di Bolzano in questi due anni e mezzo è stato totalmente condiviso dal perito della IAAF (diventata World Athletics), il genetista Emiliano Giardina. Dunque la WADA dopo 30 mesi sconfessa la IAAF a cui di fatto aveva delegato la sorveglianza peritale sul caso Schwazer.
Ma a sua volta il perito della IAAF nella sua memoria finale si lancia in una strenua difesa dell’integrità della catena di custodia del campione B del prelievo Schwazer ignorando o fingendo di ignorare le 15 ore tra l’1 e il 2 gennaio 2016 non garantite e acclarate dal processo arbitrale del TAS a Rio e le accuse della stessa WADA nel Report McLaren dell’estate 2016 sulla manipolabilità delle provette antidoping della Berlinger, azienda che sarà poi costretta a inizio 2018 a ritirare dal mercato le nuove provette BEREG-KIT Geneve, perché nel freezer erano soggette a incrinature.
È ovvio che la difesa legale di WADA e IAAF si concentri a screditare l’attendibilità scientifica della sperimentazione che sta alla base della perizia del colonnello del RIS Giampietro Lago. Resta però da chiedersi come mai la WADA in questi ultimi due anni non abbia condotto una sperimentazione parallela secondo il metodo indicato dal suo perito per smentire le conclusioni di Lago. A meno che l’abbia fatta a nostra insaputa. In questo caso il suo silenzio sull’esito sarebbe giustificato e molto eloquente.