ECOBONUS. Il provvedimento più importante sinora adottato dal Governo per aiutare la ripresa dell’economia è senz’altro rappresentato dall’introduzione dell’ecobonus-sismabonus per le ristrutturazioni edilizie elevando al 110% la possibilità di recuperare i costi sostenuti dai proprietari o conduttori delle abitazioni, tramite detrazioni fiscali nell’arco di 5 anni e con la possibilità di cedere il credito d’imposta alle banche o ad altri soggetti finanziari, disposti ad anticipare il finanziamento delle ristrutturazioni, ovvero alle imprese fornitrici sotto forma dello sconto in fattura.
L’obiettivo del provvedimento non solo è condivisibile, ma quanto mai opportuno, anche considerando che nella precedente crisi economica, iniziata alla fine del 2008, il costo salato per l’occupazione, con una diminuzione di oltre mezzo milione di posti, è stato pagato soprattutto dal settore delle costruzioni nella doppia componente dei comparti dell’edilizia residenziale e delle infrastrutture. Il problema era stato ampiamente sottovalutato, considerando l’importanza storica svolta dall’espansione dell’edilizia residenziale come fattore trainante dell’intera economia e dei prodotti per la casa, stimato al 35% del Pil. E che spiega buona parte della mancata crescita economica e occupazionale nell’ultimo decennio. Le ragioni sono essenzialmente riconducibili al declino demografico della popolazione e alla sovrabbondanza di patrimonio abitativo disponibile. Tuttavia è proprio questo patrimonio ad aver subito un deterioramento per i mancati investimenti in termini di adeguamento statico e qualitativo, che rappresentano nei prossimi anni un’importante leva per la crescita sostenibile della nostra economia.
Questo obiettivo riscontra consensi pressoché unanimi, tali da indurre il Governo a manifestare l’intenzione di prorogare il super bonus del 110% anche per ulteriori tre anni, sino al 2024, utilizzando una parte delle risorse del Recovery fund europeo. Dati i propositi, e l’intenzione di utilizzare il provvedimento per contribuire a generare una domanda aggiuntiva di prestazioni economiche nel breve periodo, era lecito attendersi dei provvedimenti attuativi in grado di offrire certezze agli investitori e agli operatori economici e finanziari. Un’aspettativa confortata dal fatto che le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni sono vigenti, sia pure nelle misure inferiori del 50% e del 65%, da oltre 15 anni. In pratica sarebbe bastato adeguare al 110% gli interventi specificatamente previsti per ottenere un risparmio energetico o un adeguamento sismico. Troppo semplice e poco commestibile per le consuetudini italiche.
In effetti l’idea, tutta politica e propagandistica, di introdurre delle detrazioni fiscali superiori ai costi sostenuti ha finito per stravolgere il senso delle detrazioni stesse, che erano originariamente finalizzate a introdurre un conflitto di interessi tra i committenti e i fornitori di prestazioni per evitare le transazioni sommerse e il lavoro nero in un settore particolarmente esposto a queste negatività.
Del tutto evidente che le nuove detrazioni tendono alla opposto a facilitare una convergenza tra i committenti e i fornitori per alzare i costi delle prestazioni ufficiali, per ottenere vantaggi impliciti nell’ambito di ulteriori prestazioni non dichiarate. Rischi che potevano essere evitati introducendo detrazioni più elevate, ma comunque al di sotto dei costi sostenuti dal committente.
Come al solito, anziché correggere i provvedimenti sbagliati, la “sindrome del furbetto” che anima il legislatore e l’apparato burocratico hanno messo in campo un’abnorme mole di interventi preventivi e successivi rivolti a controllare nel dettaglio il comportamento degli attori: combinati disposti tra interventi trainanti e altri interventi per stabilire il diritto o meno di utilizzare il bonus al 110% anche su singole operazioni, massimali di costo per tipologie di intervento e per i materiali con l’utilizzo di prezzari regionali differenziati tra loro, certificazioni preventive, per stati di avanzamento, e di conclusione dei lavori da parte di professionisti e dei Caf, una mole di 38 documenti per attivare i crediti di imposta con le banche. E, ovviamente, non poteva mancare il corredo di minacce di controlli, con penali di ogni sorta, la perdita dei benefici e sanzioni fino al 200% delle detrazioni richieste.
Per una serie di ragioni – professionali, per aver utilizzato le detrazioni in precedenti ristrutturazioni, e per fornire un supporto a mia figlia per usufruire del bonus per ristrutturare l’abitazione -, mi sono inoltrato nei meandri dei combinati disposti del provvedimento legislativo e di quelli attuativi del ministero dello Sviluppo economico e dell’Agenzia delle Entrate, e avvalso dei pareri dei professionisti. Buona parte dei quali consiglia di utilizzare le vecchie detrazioni per evitare problemi di ogni sorta, compresi quelli che li riguardano.
In sintesi: siamo di fronte a un buon provvedimento o a una sorta di specchietto per le allodole destinato a frustrate le aspettative delle persone che decidono di ristrutturare l’abitazione?
I tempi per rimediare le storture ci sono, ma nel frattempo le aspettative di poter accedere al superbonus hanno comportato un rinvio delle ristrutturazioni e delle manutenzioni, e i soggetti bancari e finanziari stanno predisponendo le loro proposte per beneficiare dei margini consentiti dal credito di imposta, lasciando rigorosamente i rischi in capo ai committenti e ai certificatori professionisti.