I dati dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute parlano chiaro: “Aumentano i contagi e risale l’età media dei positivi. Lento e progressivo peggioramento dell’epidemia. Possibile un maggiore impegno per il sistema sanitario”. Per la settima settimana consecutiva il Covid–19 è in aumento, cresce pure l’età media dei positivi, segno che la trasmissione interfamiliare, e in particolare dai più giovani agli anziani, è sempre più diffusa. Ieri in Italia si sono registrati 1.638 nuovi casi con 103mila tamponi e 24 morti, un aumento delle terapie intensive, +3,36%, e un calo dei ricoverati con sintomi (-0,29%).
Sempre nello stesso report si dice chiaramente che questo aumento è dato dalla riapertura delle attività commerciali e dai dialoghi di aggregazione. In Italia fortunatamente non siamo davanti alla situazione grave di paesi come Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, segno che il nostro sistema regge meglio, ma chi pensa che il virus sia sparito sbaglia di grosso. Secondo il professor Giuliano Rizzardini, responsabile della prima divisione di Malattie infettive dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano, “questa situazione era stata messa in preventivo nel momento in cui il lockdown sarebbe cessato. Siamo però oggi in grado grazie ai sistemi di tracciamento di individuare i casi e l’esperienza fatta ci permette di agire con una consapevolezza superiore. Certo, un secondo tsunami come quello della scorsa primavera rimetterebbe il sistema sanitario in sofferenza. Ci auguriamo non avvenga”.
I dati del ministero della Salute parlano di costante aumento dei contagi ormai da diverse settimane e di trasmissione interfamiliare sempre più diffusa. Cosa ci dice questo? Siete preoccupati?
È un fenomeno che potevamo attenderci con l’aumento dei contatti e con la riapertura delle attività. Va però detto che è aumentato il numero dei tamponi ed è comunque un fenomeno ben monitorato. Sicuramente i sistemi di tracciamento messi in atto agevolano moltissimo l’individuazione dei casi di contagio. Il fatto stesso che si parli di casi interfamiliari significa che è una cosa positiva fare il tracciamento dei contatti. In questo momento il sistema di sorveglianza regge, funziona con criterio e non siamo preoccupati nonostante l’aumento dei casi.
Il ministero però dice chiaramente che la riapertura delle attività economiche e i luoghi di aggregazione portano a un aumento di contagi. Il fattore economico ha prevalso su quello sanitario?
È difficile discutere questo argomento, non esiste una risposta sola. Mantenere il lockdown vuol dire che si creano altre problematiche. Tenere la gente a casa crea problemi, soprattutto nei ragazzini, di tipo psicologico. È facile dire teniamo tutti a casa, mi sembra che comunque si sia agito con criterio.
Il personale ospedaliero ha vissuto mesi di altissima tensione e fatica, il sistema sanitario è stato messo a dura prova. Ci sa dire come è oggi la situazione?
Sicuramente siamo più preparati, qualcosa abbiamo imparato. È chiaro che se i numeri aumentano, il rischio di andare un po’ in sofferenza c’è. L’esperienza passata ci dice che sarebbe meglio non tornare al livello della primavera scorsa. Chi ha lavorato ha già dato tanto, tornare a una situazione come quella di prima non sarebbe così facile. Per adesso riusciamo a governare la situazione, sperando che non torni un nuovo tsunami.
In molti nel personale sanitario confessano di aver subito danni psicologici da cui non sono ancora fuori. Come è la situazione nelle corsie?
Certamente è successo anche questo, fortuna che qualcuno ha fatto qualche giorno di ferie questa estate per riprendersi un po’. Non è stata un’esperienza facile, qualcuno ne ha sofferto di più, altri meno. Ma molte cose le abbiamo imparate, un ammalato riusciamo a gestirlo meglio, qualche arma in più ce l’abbiamo.