RIFORMA PENSIONI, CATALFO CONFERMA LE MISURE IN LEGGE DI BILANCIO
Durante l’audizione alla Camera relativa all’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, Nunzia Catalfo ha parlato anche di riforma pensioni spiegando che nella Legge di bilancio ci saranno “sicuramente” “Ape sociale e Opzione donna”, oltre che un “intervento sul tema del part-time ciclico”. La ministra del Lavoro, secondo quanto riporta Askanews, ha quindi sostanzialmente ribadito l’esito dell’ultimo confronto tra Governo e sindacati, spiegando che l’esecutivo sta valutando “misure di staffetta generazionale o contratto di solidarietà espansivo che aiutino i giovani all’inserimento nel mondo del lavoro e accompagnino in uscita il lavoratore anziano”. Ha anche aggiunto che “a seguire ci saranno interventi più strutturali che potranno essere valutati nel corso del prossimo anno”. Catalfo ha infatti ricordato che con i sindacati è aperto il confronto sia per individuare le misure da inserire nella prossima manovra, sia per capire “cosa portare in flessibilità in uscita nel 2022 quando scadrà la sperimentazione di Quota 100 che avrà il suo corso fino a tutto il 2021”.
PENSIONI, LEGGE FORNERO DESTINATA A RIMANERE
Si sta parlando non poco in queste settimane, complice la riapertura del confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni, dell’introduzione dal 2022 di una misura che possa sostituire Quota 100 nel fornire flessibilità al sistema previdenziale italiano. Intervistato da pensionipertutti.it, Claudio Maria Perfetto, esperto previdenziale, dice: “Serve una riforma strutturale? Ma c’è già! È la Riforma Fornero. Serve una riforma pensioni flessibile? Le condizioni economiche attuali (debito pubblico alle stelle e disoccupazione in aumento) pongono vincoli rigidi agli interventi (Quota 102: (64,38), o uscita con 63 anni con penalità…). Serve una riforma ‘più giusta’? La sola Riforma pensioni ‘giusta’ che per il governo si possa fare è quella che sia sostenibile per le casse dello Stato: la Riforma Fornero, dal momento che dura da dieci anni, è strutturale e sostenibile per le casse dello Stato e quindi per lo Stato è giusta. Pertanto rimarrà”. Parole che non piaceranno a chi ritiene invece che la riforma del 2011 vada rivista o persino superata.
USB PENSIONATI: CHIUDERE VICENDA ESODATI
L’Usb Pensionati non giudica positivamente il confronto sulla riforma pensioni avuto con il Governo giovedì, che non ha visto nemmeno la partecipazione del ministro Catalfo. Per il sindacato si è registrato “un deciso passo indietro, rispetto al confronto avviato prima dell’emergenza”. L’Usb Pensionati ha ribadito la necessità di tagliare le tasse sulle pensioni, abolire il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, bloccare i coefficienti di trasformazione e “chiudere definitivamente la vicenda ‘esodati’, sui quali ballano ancora con lnps i numeri della platea degli interessati, predisponendo una nuova e definitiva salvaguardia”. Ha inoltre espresso contrarietà all’anticipo del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici con un prestito bancario senza cambiamenti alla norma che differisce l’erogazione dello stesso trattamento economico. “L’unica nota positiva è quella di una possibile approvazione del riconoscimento della contribuzione figurativa del Part-time verticale, battaglia che dopo quasi cinque anni sembra giunta a soluzione”, aggiunge l’Usb Pensionati.
RIFORMA PENSIONI, L’USO DELLE RISORSE DEL RECOVERY FUND
In un articolo pubblicato sull’Huffington Post, Antonio Calabrò evidenzia che l’Italia è davanti a un bivio: o lo sviluppo o il declino. Dal suo punto di vista deve essere però chiaro che le risorse del Recovery fund andranno usate per “progetti chiari, efficaci, passati al vaglio di una task force di Bruxelles e poi approvati sia dalla Commissione Ue sia dal Consiglio europeo. Altrimenti, niente stanziamenti. E così ci si ritroverebbe di fronte all’assenza di risorse per fare ripartire la crescita e dunque schiacciati da un gigantesco debito pubblico, già adesso al 160% del Pil, per fare fronte all’emergenza sanitaria ma comunque abnorme ancora prima della pandemia per finanziare allegramente scelte di governo disastrose come il reddito di cittadinanza (che non ha portato alla creazione significativa di posti di lavoro) e ‘quota 100’ per le pensioni anticipate”. Tra l’altro l’autore non dimentica che a inizio anno l’Ue aveva ricordato all’Italia i passi da fare anche in tema di riforma pensioni, per evitare che la spesa previdenziale pesi troppo sul debito.
LA DOMANDA DOPO LE ELEZIONI REGIONALI
Si avvicina un nuovo incontro tra Governo e sindacati in tema di riforma pensioni. Venerdì saranno anche molto più chiari gli effetti del voto delle regionali sulla compagine governativa, che certamente non ha timori di dover lasciare anzitempo palazzo Chigi, ma potrebbero nascere nuovi equilibri della maggioranza che potrebbero portare a “tagliandi” se non a veri e propri “rimpasti”. In tema previdenziale, dato il risultato non proprio brillante di Italia Viva, sembrerebbe essere scongiurato l’addio anticipato a Quota 100, ma resta da capire se il calo dei consensi di M5s renderà più probabili soluzioni gradite al Pd che non ai pentastellati. Intanto, come ricorda l’edizione pistoiese del Tirreno, al Senato i dem hanno depositato un emendamento al decreto agosto per estendere la normativa previdenziale relativa ai lavoratori esposti all’amianto che riguarderebbe anche circa duecento dipendenti Hitachi ed ex Breda ferroviaria di Pistoia. Si spera in un voto positivo di tutte le forze politiche.
RIFORMA PENSIONI, I RISCHI PER GLI ASSEGNI FUTURI
In tema di riforma pensioni va evidenziato quanto riportato da Repubblica: “Un trentenne di oggi rischia di ricevere un assegno previdenziale più basso del 20-30% solo perché l’economia non cresce. Se a questo si aggiunge una carriera intermittente, fatta di buchi e contrattini, il futuro è compromesso”. Il quotidiano romano sottolinea però che il problema riguarda tutti coloro che si trovano nel sistema contributivo pieno. Secondo Andrea Carbone, partner di Progetica ed esperto di previdenza, “è molto difficile stimare l’impatto di un singolo anno negativo sulla pensione futura”, “non sempre è visibile, perché viene stemperato dalla media quinquennale del Pil usata per le rivalutazioni, a sua volta influenzata sia dal rimbalzo fisiologico negli anni successivi al tonfo che dalla clausola di salvaguardia del 2015”, che ha evitato una svalutazione delle pensioni.
LA SOLUZIONE NELLA CRESCITA DEL PIL
Il problema è stato posto dai sindacati al tavolo di confronto con il Governo sulla riforma pensioni e resta da capire come verrà eventualmente affrontato. Repubblica ricorda che c’è anche la questione inflazionistica che pesa sulle pensioni, visto che le rivalutazioni delle stesse sono legate all’andamento dei prezzi. Che potrebbe ripartire velocemente non dando quindi il tempo agli assegni di recuperare il terreno perso. Solo “se il Paese torna a crescere, crea lavoro stabile e ben retribuito” si riuscirà a evitare il peggio per le pensioni. Ma non sarà facile. Bisognerà innanzitutto usare al meglio le risorse del Recovery fund.