RISULTATI ELEZIONI REGIONALI. “Penso che il governo giallo-rosso andrà avanti, ma non sarà una passeggiata, perché il Pd sarà portato a porre condizioni più stringenti a Conte su varie questioni: l’utilizzo del Recovery fund sicuramente, ma anche il Mes”. È la chiave di lettura sul dopo voto offerta da Stefano Folli, editorialista di Repubblica, che invita a non farsi confondere dal largo successo dei Sì nel referendum sul taglio dei parlamentari: da un lato, “quel 70% non nasconde la profondissima crisi in cui versano i Cinquestelle” e, dall’altro, non è affatto garanzia che questo risultato apra a una stagione di grandi riforme, “anzi, sarei cauto: credo che in questa legislatura le riforme costituzionali non si faranno”. E il centrodestra che ha mancato l’assalto a Toscana e Puglia? “Esce un po’ ridimensionato”.
Partiamo dal referendum: Sì al 70% e No al 30%. Questo risultato legittima il Parlamento, come dicono M5s e Pd, oppure lo delegittima, come sottolinea Molinari della Lega, che chiede addirittura lo scioglimento delle Camere?
Lascerei da parte l’argomento dello scioglimento. Il risultato conferma una legge votata più volte dal Parlamento, ma senza dare quel plebiscito assoluto che i Cinquestelle speravano. Nonostante in Parlamento il Sì abbia raccolto oltre il 90% delle adesioni delle varie forze politiche, il 30% di elettori che vota No – e sulla carta avrebbero dovuto raccogliere solo il 5-10% – sta a significare che c’è stata una resistenza da parte dei cittadini italiani, di cui si dovrà tenere conto.
La larga vittoria del Sì apre davvero la strada a una stagione di riforme, a partire dalla legge elettorale?
Più che una grande riforma la legge elettorale è necessaria, perché un Parlamento ridotto ha inevitabilmente bisogno di una nuova legge. Anzi, sarà l’occasione per dare rappresentanza ai vari territori che vengono un po’ trascurati da questo taglio dei parlamentari. Per quanto riguarda le altre grandi riforme che vengono sbandierate, sarei più cauto. Oltre agli annunci bisogna vedere se segue anche la volontà di operare concretamente. Credo che in questa legislatura le riforme costituzionali non si faranno.
Il referendum sancisce la vittoria dell’anti-politica, ma alle regionali il M5s, il partito che incarna questo spirito, si assottiglia sempre più. Come si spiega questo paradosso?
Il M5s è in una fase di decadenza assoluta. Si consolano pensando alla vittoria del Sì, ma non possiamo non sottolineare come il referendum presentasse un quesito fatto apposta per piacere a una vasta opinione pubblica poco avvertita politicamente. Ma il 70% di Sì non maschera la debolezza persistente e il progressivo aggravamento dei Cinquestelle. Sono un Movimento in profondissima crisi.
Sulle elezioni regionali si profila un 3-3. L’alleanza giallo-rossa esce rafforzata o indebolita?
Indubbiamente l’alleanza di governo è uscita rafforzata da questo voto rispetto anche alle previsioni della vigilia. Però si è rafforzato soprattutto il Pd.
Conte ha quindi superato l’ennesimo scoglio e ora può dedicarsi senza pensieri a Recovery plan e Legge di bilancio 2021?
Il successo del Partito democratico, che ha così frenato la sua debolezza, da un lato permette a Conte di andare avanti, ma dall’altro, se c’è una logica, porterà il Pd a porre delle condizioni più stringenti al governo su varie questioni: l’utilizzo del Recovery fund sicuramente, ma anche il Mes, nonostante la contrarietà dei Cinquestelle. Penso che il governo Conte andrà avanti, ma non sarà una passeggiata. Se il Pd farà valere la sua maggiore forza relativa il presidente del Consiglio dovrà tenerne conto.
Prima del voto si diceva che a rischiare di più era Zingaretti. Ora la sua leadership è meno in bilico?
Certo. È vero che il Pd è arrivato diviso al voto sul referendum, però Zingaretti ha ottenuto un innegabile successo personale. Credo che almeno per un po’ di tempo potrà stare tranquillo, anche rispetto ai renziani, visto che Italia Viva non ha ottenuto un grande successo, eccetto forse in Toscana, e non stato quasi ovunque decisivo. Non vedo chi possa insidiare Zingaretti nel breve termine. Poi, a lungo termine, è tutto un altro discorso.
Dopo aver mancato la conquista dell’Emilia-Romagna, Salvini non riesce a portare a casa neppure la Toscana. È una sua sconfitta? Rischia un nuovo ridimensionamento?
Salvini è bizzarro. Si pone ogni volta dei traguardi molto impegnativi: conquistare l’Emilia-Romagna non era uno scherzo e ora prendersi la Toscana, altra storica roccaforte rossa, era un’impresa molto ardua. Cavalca questi obiettivi e poi ne esce sconfitto. Anche in Veneto la lista Zaia ha ottenuto consensi tre volte superiori a quelli raccolti dalla Lega. Non è stata una bella serata per Salvini…
E per la Meloni?
Fratelli d’Italia è andata bene come lista, però non è riuscita a portare Fitto al successo in Puglia, forse perché era un candidato che non trasmetteva il senso della novità.
Complessivamente il centrodestra esce un po’ ridimensionato da questa tornata elettorale?
Il pareggio avvantaggia senza dubbio il Pd. Quindi penso che nel centrodestra debbano riflettere sulle loro strategie politiche, e anche rapidamente.
(Marco Biscella)