Alla vigilia delle elezioni regionali del 2018, Regione Lombardia decise di inviare una lettera a circa 3 milioni di cittadini lombardi affetti da patologie croniche per informarli delle modalità con cui intendeva “prenderli in cura”, ai sensi della legge regionale di riforma della sanità del 2015 (legge 23 “Evoluzione del sistema socio–sanitario Lombardo”).
La lettera, tra l’altro, affermava che un certo numero di questi pazienti cronici sarebbe stato preso in cura da un “gestore” con cui sarebbe stato necessario sottoscrivere un “patto”. Inoltre tutti gli ospedali della Regione dovevano occuparsi di territorio e quindi anche di pazienti non acuti.
La lettera inviata rimandava a programmi non ancora definiti, ad accordi con i medici di famiglia non sottoscritti, a sistemi informativi non ancora collaudati: era cioè una dichiarazione di intenti cui corrispondeva un confuso vuoto organizzativo. Questa lettera è stata così fonte di incomprensioni, confusioni, posizioni difensive e reattive. In particolare la legge di riforma (e l’improvvida lettera) dava l’idea che si volessero mettere fuori gioco i medici di famiglia, che perlopiù in quel frangente hanno assunto posizioni non collaborative.
È cosi iniziato un lungo periodo di stallo che tuttora permane, specialmente nella medicina territoriale.
In Brianza da tempo era presente presso la Compagnia delle Opere di Monza e Brianza un gruppo di amministratori pubblici ed ex amministratori interessati alla politica, espressione di una ventina di comuni del territorio. Visto il loro radicamento nella società, queste persone si sono sentite interpellate da molti cittadini, spesso in condizione di fragilità, che non capivano il contenuto della lettera di Regione Lombardia o ponevano domande circa il loro impatto con il mondo della sanità. Vista la complessità del tema e non intendendo fornire risposte di comodo, il gruppo di lavoro ha sentito il bisogno di interpellare chi potesse aiutare a mettere a fuoco le questioni e a capire le ragioni di tanta confusione e incertezza. È partito così un approfondimento del tema sanitario, che ha coinvolto, oltre agli amministratori dei comuni della Brianza, anche operatori sanitari del territorio e degli ospedali brianzoli. Nel corso dei lavori sono stati invitati vari “ testimoni” operanti sul campo, con l’intento di non essere superficiali ma nello stesso tempo di non perdersi nei meandri dei particolarismi o delle visioni partigiane. Il risultato di questo lavoro, che è stato definito come “un tentativo di scuola popolare”, è stato ripreso in un documento che ha visto la luce alla fine del 2019 ed è stato pubblicato a gennaio 2020.
Nell’introduzione del documento è scritto: “…abbiamo voluto dare un giudizio su quanto avviene intorno a noi … senza enfatizzare le difficoltà, cercando di vedere come uscirne con uno sguardo costruttivo e individuando piste sulle quali lavorare per una positività. Il mondo della sanità è troppo centrale e strategico per non trovare soluzioni efficaci ed efficienti e per non utilizzare tutte le potenzialità che esso offre. Sentiamo la responsabilità di contribuire perché questa realtà ‘giri bene’ con soddisfazione degli operatori, dei cittadini, dei malati e delle loro famiglie”.
I protagonisti raccontano così il prosieguo della storia.
I primi mesi del 2020 ci sono serviti per avviare un dibattito, in particolare sulle possibili soluzioni, coinvolgendo sindaci e istituzioni del nostro territorio. Dobbiamo dire che abbiamo trovato interesse e disponibilità. Siamo stati aiutati da organi di stampa del territorio che hanno preso a cuore il nostro tentativo.
Neppure la pandemia ci ha fermato: abbiamo continuato, usando gli strumenti web a disposizione, a tener vivo un dibattito che diventava ancora più caldo ed attuale, a fronte di quanto andava succedendo nel territorio a causa del Covid-19. Infatti la situazione sanitaria, nonostante il sacrificio e l’abnegazione di molti – anzi moltissimi – operatori sanitari, sia nel territorio che negli ospedali, evidenziava le carenze e le disfunzioni che avevamo già messo in luce nel nostro documento. La pandemia non faceva che drammatizzare, amplificandola, la diagnosi sul sistema sanitario che realisticamente avevamo dovuto constatare nel corso dei nostri lavori.
A questo punto abbiamo potuto condividere il lavoro di analisi e di proposta fatto anche da altri. In particolare ci siamo sentiti in sintonia con quanto fatto e scritto da Medicina e Persona.
Diventava evidente per tutti la necessità di un lavoro di “ricostruzione” della sanità: bisognava aprire un cantiere che coinvolgesse non solo gli addetti ai lavori per avviare un ristrutturazione impegnativa ma indispensabile.
Ci siamo chiesti quale potesse essere il nostro contributo: abbiamo stilato una piattaforma che potesse raccogliere il maggior consenso possibile ed essere il punto di partenza per un impegno largo e partecipato. (vedi testo sul sito CdO Monza e Brianza).
Ora siamo alla ripresa di questo lavoro dopo la pausa estiva.
Perché vale la pena raccontare questa nostra storia? Elenchiamo alcuni motivi per cui la riteniamo interessante e che sostengono l’impegno necessario per proseguire.
1) Educazione e salute sono fattori determinanti per la civiltà di una società e per la qualità della vita dei suoi abitanti. Vale dunque la pena tener viva un’attenzione su questi temi e impegnarsi perché l’opinione pubblica sia informata e partecipe. Un sistema sanitario universalistico come il nostro può essere sostenibile solo se la società “se lo merita”, in termini di responsabilità e consapevolezza.
2) Da più parti viene constatata una mancanza di pensiero sulla sanità con una grave carenza di “vision”. Il nostro lavoro vuole essere l’offerta ad altri soggetti di un luogo di riflessione. In tanti osservano che anche Regione Lombardia sembra più preoccupata di rispondere alle critiche e alle provocazioni politiche che non a guardare in prospettiva. È invece urgente individuare prima e realizzare poi cambiamenti e iniziative che pongano in campo una governance efficace. La sanità lombarda non può permettersi di vivere sulle vestigia di tempi passati ma deve essere in grado di governare al meglio le risorse e le situazioni di oggi.
3) È necessario, se vogliamo fare politica con serietà, condividere un giudizio sulle tante questioni che la sanità pone. A volte usiamo, come ovvie, parole che non per tutti hanno lo stesso significato. L’obiettivo non è pensarla tutti allo stesso modo, ma confrontarsi per capire le ragioni dell’altro.
4) La sanità non può essere lasciata nelle mani dei soli addetti ai lavori; al contrario deve diventare una preoccupazione di tanti ed essere una responsabilità per tutti. Una progettualità condivisa dalla cittadinanza riesce a funzionare con meno sprechi, meno dispersioni, più soddisfazione da parte della gente. È importante allora recuperare una parola che sembra aver perso mordente: partecipazione! Senza informazione e coinvolgimento non si va da nessuna parte.
5) È necessario recuperare un nuovo rapporto con il territorio, con gli enti istituzionali e le realtà presenti, rianimando le forme di partecipazione previste, ora troppo spesso ridotte a ritualità formali. Vari osservatori raccomandano l’urgenza di riattivare un circuito partecipativo dal basso attraverso i corpi intermedi, comunità e associazioni. È importante recuperare un rapporto forte con la società civile: “Più società meno Stato” non è uno slogan logoro e vecchio ma qualcosa di ancora attuale e necessario.
6) Nei mesi più acuti della pandemia è stata commovente la dedizione di tanti e tanti professionisti, che hanno operato al limite dell’eroismo. Proprio a partire da questa generosità, perché non si disperda, è importante far crescere la coscienza di appartenere ad un’opera comune, per contribuire ad un progetto buono per tutti.
Proporre allora un lavoro sulla sanità in un territorio specifico (per noi il territorio della Brianza) vuole anche significare una chiamata a raccolta di tutte le persone di buona volontà per partecipare ad un progetto condiviso. Questo nostro tentativo vuole riattivare una responsabilità operativa che sostenga una costruzione alimentata dal protagonismo di tutti: operatorii, utenti, opinione pubblica, politica.
Per un bene comune.