RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DELLE ACLI
Emiliano Manfredonia, Presidente del Patronato Acli, in un’intervista a Repubblica evidenzia come Quota 100 sia “accessibile a coloro che hanno avuto una carriera stabile. Infatti le donne hanno avuto difficoltà”. Dal suo punto di vista, nel mettere a punto una nuova misura di riforma pensioni da far entrare in vigore dopo il 2021, è importante “che ci sia una possibilità d’uscita realmente flessibile. Che si individui una età – che sia tra i 63 e 65 anni – alla quale si possa accedere alle prestazioni previdenziali con il possesso di un minimo di 20 anni di contribuzione prevedendo una penalizzazione per le pensioni da liquidarsi con il sistema misto: si può immaginare l’1-1,5% di taglio della quota retributiva dell’assegno per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia dei 67 anni”.
IL GAP DI GENERE DA SANARE
Secondo Manfredonia, inoltre, una riforma delle pensioni “si fa pensando non all’oggi, ma ai prossimi trent’anni. Le parti deboli sono i giovani e le donne, con le loro carriere discontinue e buchi previdenziali. Oltre a Quota 100, anche Ape sociale, lavoratori usuranti e precoci sono stati un supporto importante per chi ha difficoltà o carichi familiari, ma eccessivamente selettivi. Vorremmo un sistema che garantisca una flessibilità in ottica universalistica”. Importante è poi cercare di sanare il gap di genere esistente nel sistema pensionistico italiano, “prevedendo coperture integrative figurative a carico della fiscalità generale per i periodi in cui le donne si astengono dal lavoro per i carichi di cura familiare. Oppure, per le neo-madri si potrebbe introdurre un cuneo fiscale ad hoc che permetta di alzare il reddito netto, bilanciando il versamento dei contributi da parte della fiscalità generale”.