Se in Italia dovesse arrivare un nuovo lockdown, la salute psicologica dei nostri concittadini potrebbe risentirne in maniera ancora più significativa rispetto alla prima chiusura. Lo ha spiegato senza troppi giri di parole David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, in occasione di un evento organizzato a Roma per la Giornata nazionale della psicologia. Lazzari ha sottolineato come la pandemia abbia evidenziato quanto l’uomo sia vulnerabile, in particolare dal punto di vista psicologico sia per la vita che per la salute: “Ora – ha aggiunto – dopo sette mesi di questa situazione, il livello del disagio psicologico, non supportato da una rete pubblica carente o assente, è diventato un grande problema sociale e di salute pubblica”. Dopo un periodo positivo subito dopo la fine del lockdown, i livelli di stress sono tornati a crescere subito dopo l’estate, in concomitanza con la nuova crescita dei contagi, raggiungendo quasi i livello di marzo.
DAVID LAZZARI: “NUOVA CHIUSURA SAREBBE INSOSTENIBILE”
Il 59% della popolazione ha infatti mostrato un livello di stress medio-alto compreso fra il 70 e il 100: “In queste condizioni – sottolinea ancora David Lazzari – il Paese non ha le risorse psicologiche per reggere un nuovo lockdown. Sarebbe insostenibile una nuova chiusura totale”. Secondo lo psicologo è quindi necessario adottare dei provvedimenti e dei comportamenti che siano responsabili di modo da tenere la pandemia sotto controllo, e nel contempo, attivare una rete psicologica pubblica “a partire dal sistema sanitario, dall’assistenza di base e dalla scuola. Senza prevenzione e ascolto – ha specificato – questi livelli di disagio sociale sono destinati ad aggravarsi e avere pesanti ricadute sulla società e sulla salute delle persone, con ulteriori danni per un’economia già molto provata. La psicologia – ha concluso l’esperto – è essenziale per la resilienza e per costruire il futuro”. Una recente indagine condotta dal Gaslini di Genova ha evidenziato come il lockdown abbia avuto un impatto anche sui bambini: il 65% dei bambini italiani sotto i sei anni ed il 71% sopra i sei anni “hanno avuto problemi comportamentali e sintomi di regressione”.