Che l’Argentina viva ormai nel caos più totale non lo diciamo solamente noi, ma il pensiero è condiviso da importanti settori della società. Le sue politiche attuali messe in atto dal Governo sono quanto di più strambo si possa immaginare, con repentini cambi di strategia e idee a 180 gradi che già abbiamo segnalato ai lettori e con una situazione Covid che sta diventando drammatica non solo per l’aumento dei contagi, ma anche per la quarantena più lunga del mondo (ha ormai superato i 6 mesi) che dopo un’apertura su di una società ormai esasperata e con una situazione economica fallimentare sta tornando alla fase 1 (chiusura totale) a causa delle cifre. Una nazione che di poco supera i 43 milioni di abitanti registra 840.916 persone infette e ogni giorno ci sono in media 16.000 nuovi casi, con oltre 23.000 morti. E i test sono fermi a solo 2.400.000 (in Italia siamo a 13 milioni) e questo ultimo dato indica come il numero estremamente ridotto di tamponi riduce di molto le cifre dei contagi (che aumentano proporzionalmente con l’incremento delle analisi). Ma la questione più importante non sembra essere quella sanitaria per il Governo attuale, e nemmeno quella economica che, pure senza il Covid che l’ha peggiorata, sarebbe di per sé drammatica. No, il problema principale risiede in una riforma della giustizia che nella sua attuazione permetterebbe alla vicepresidente Cristina Kirchner di cancellare tutti i conti che ha e che sono racchiusi nei 15 processi che dovrebbe affrontare.
E in tutto questo polverone, nella giornata della lealtà peronista, 17 ottobre, il Governo organizzerà una manifestazione in suo appoggio con le caratteristiche di sempre, ossia una partecipazione “organizzata” e non spontanea, come viceversa succede sempre nelle proteste contro un esecutivo che, a forza di manovre suicide (tanto sanitarie quanto economiche) sta raggiungendo il consenso più basso nella storia della democrazia argentina.
Quando si creò (alcuni dicono a Roma) il “Frente de Todos”, l’attuale movimento di Governo, il prodotto che venne presentato era un mix tra il peronismo “ortodosso” e il kirchnerismo (che altro non è che l’ennesima evoluzione del peronismo). In molti si chiesero se “l’alleanza” creata non sarebbe scoppiata subito o se invece si trattasse di un amo per far abboccare l’elettorato facendo credere che i moderati avrebbero fatto ragionare i fanatici della restaurazione del potere degli anni Settanta. Già, perché nel corso degli anni (esattamente 15) e per questioni di potere politico (nel 2003 Nestor Kirchner vinse le elezioni con solo il 21% dei suffragi) nel kirchnerismo si inglobarono movimenti appartenenti alla sinistra più oltranzista che ancora viveva nella mancata rivoluzione della “gioventù meravigliosa”. Con questo termine venne fatta passare per eroica tutta la frangia di appartenenza ai movimenti terroristici (Montoneros ed Erp) che negli anni Settanta posero il Paese in una situazione di guerra civile e in pratica, con 17.000 attentati eseguiti tra il 1969 e il 1975 e 4.000 bombe (dati ricavati dalle cronache dell’epoca), consegnarono la debole democrazia argentina ai militari. Il sogno del terrorismo era ben lontano dal concetto di democrazia ed era ovviamente legato al comunismo al potere, con un piano esteso a tutta l’America latina che aveva come centro di diffusione Cuba e l’ingegneria dei servizi segreti cecoslovacchi.
Ora per giustificare l’alleanza Kirchner, inglobando al suo fianco pure organizzazioni dei “diritti umani” che a quel punto si trasformarono in alleate ben pagate e soprattutto vennero coinvolte in scandali epocali, ebbe l’idea di spacciare la favola dei terribili anni ’70 come una specie di decennio della felicità. E questa montatura, duole dirlo ma purtroppo è così, è entrata a far parte di un racconto entrato nella testa di parte delle giovani generazioni. In pratica è come se in Italia si deificassero le Brigate Rosse come occasione storica di una democrazia mancata. Una pazzia, ma in Argentina purtroppo (lo ripeto) la genocida dittatura militare venne in pratica messa al potere dalle azioni terroristiche che il debole Governo democratico dell’inetta Isabelita Peron (la vedova del dittatore scomparso) non seppe affatto contrastare per la sostanziale spaccatura in atto nel peronismo dove la destra fascista (le tristemente famose squadre della Triple A che avevano iniziato a far sparire intellettuali) e la sinistra terrorista combattevano usando le stesse armi, ergo la violenza. Ma la favola kirchnerista distinse i primi in Diavoli (quali erano) e i secondi in Angeli (che non furono): anzi, la storia ha poi dimostrato che alla fine i due schieramenti erano meno nemici di quanto apparissero, con la sparizione o l’esecuzione di “nemici” in un orrendo scambio di “favori” politici.
Per cui ora ci troviamo con un’Argentina divisa tra “nostalgici” di questo “sogno mancato” a cui si aggiungono i milioni di assistiti dallo Stato “Babbo Natale” con sovvenzioni che si riducono a elemosine e che servono ad alimentare la povertà (in cambio del voto si capisce) e, sul fronte opposto, una parte cospicua della società fatta da lavoratori di una classe media che ancora credono negli ideali repubblicani e che si oppongono a questo populismo “pret a porter” travestito da un socialismo che ricorda più Mussolini che Marx. E che, mentre il Paese affonda, il 12 ottobre organizzerà una manifestazione di protesta autoconvocata come le precedenti, che il Governo teme anche perché, dovesse raccogliere masse di gente come le precedenti, costringerebbe il Presidente Alberto Fernandez a cambiare le carte in tavola attraverso il distanziamento del peronismo ortodosso presente nel “Frente de Todos” dal kirchnerismo, con conseguente dissoluzione del movimento stesso. In pratica, l’Argentina si salverebbe da quella guerra civile che il kirchnerismo sognava come elemento di mantenimento del suo potere attraverso le divisioni ideologiche, ma che rischia di mettere la parola fine a questo piano perverso. Ma il fatto è che a questo punto per Cristina Kirchner si aprirebbero le porte dei tribunali…