Nel dibattito che si è scatenato in questi giorni sulla liberalizzazione della pillola dei cinque giorni, che non ha più bisogno di ricetta per essere acquistata in farmacia dalle minorenni, c’è sempre l’eterno equivoco tra libertà e consapevolezza. Ossia tra una conquista di libertà, intesa come diritto personale inalienabile, e la rinuncia alla conoscenza, considerata come un vincolo che potrebbe condizionare la scelta.
In realtà non dovrebbe esserci conflittualità tra il diritto di scegliere e il dovere di sapere cosa sto scegliendo, quali sono le sue conseguenze. Il diritto a decidere con la maggiore autonomia possibile è pur sempre subordinato al dovere di acquisire una informazione la più completa possibile. E quando si tratta di minori, spesso di adolescenti giovanissime, il cammino verso la libertà contiene ancora molte insidie e gli adulti, genitori, insegnanti, medici, ecc. hanno il dovere di farsi carico di accompagnare e facilitare una conoscenza complessa come quella che riguarda tutti i fenomeni, biologici e non solo biologici, che caratterizzano una sessualità incipiente.
Paura e false soluzioni
Di tutto ciò non c’è traccia nella recente Dichiarazione del direttore generale dell’Aifa, Magrini, che ha autorizzato l’acquisto in farmacia senza ricetta della cosiddetta pillola dei cinque giorni: “Si tratta di una svolta per la tutela della salute fisica e psicologica delle adolescenti; le statistiche dicono infatti che la maggior parte delle gravidanze adolescenziali, per altro in aumento, non sono pianificate e molte terminano con un aborto”. Ha poi aggiunto: “L’evento nascita nelle adolescenti si accompagna spesso a situazioni di rischio, connesse sia alla difficoltà della giovane madre di accedere ai servizi materno–infantili, sia a una serie di problematiche di notevole portata sul piano interpersonale e psicologico”.
In altri termini il dottor Magrini ha inteso risolvere tre problemi di vasta portata, cancellando con una decisione senza precedenti le tre più importanti misure di tutela che l’esperienza aveva posto a sostegno delle ragazze più giovani. I tre problemi nell’ordine sono il valore della sessualità umana, la sua apertura alla procreazione prima e alla genitorialità in modo quasi contestuale, e infine il patto inter–generazionale che da sempre lega madri e figlie e che si rafforza naturalmente quando anche le figlie diventano madri. Nella complessità dell’esperienza con cui una bambina si scopre donna, e ne coglie tutte le implicazioni anche sotto il profilo della sessualità, la relazione madre–figlia trova nuovi accenti per animare un dialogo che si fa decisamente più intimo e delicato.
Ma proprio la sfera della sessualità che sorprende le bambine divenute grandi con nuovi interrogativi e nuove curiosità, diventa occasione per aprire un dialogo personalissimo con il medico, per lo più una ginecologa che spesso dirige i famosi ambulatori per le adolescenti, in cui le ragazze sanno di poter porre qualunque domanda, di poter raccontare qualsiasi dubbio, di poter analizzare qualsiasi esperienza, nella certezza assoluta del segreto professionale che lega un medico con il suo paziente.
La terza misura naturale di conoscenza e di approfondimento è il dialogo che si snoda in forma personale, ma spesso anche in gruppo con i propri docenti, più frequentemente le proprie docenti. Insieme compagni e compagne cercano di sviscerare il sapere scientifico intorno alla biologia della sessualità, magari nelle ore di scienze, senza sottrarsi al guazzabuglio delle emozioni, delle prime cotte e dei primi innamoramenti. Con accenti che vanno dalla paura di chiedere alla paura di non essere all’altezza delle nuove sfide; dalla scarsa autostima alla gelosia; dal timore di non piacere abbastanza alla naturale voglia di civettare per scoprirsi capaci di piacere, magari cominciando proprio con i compagni di classe. E il desiderio di sapere diventa desiderio di sperimentare; la paura di essere considerate ancora delle bambine espone al rischio di diventare troppo presto grandi.
Il rischio, al tempo stesso temuto e desiderato, dei primi rapporti crea a sua volte nuove paure e nuove angosce: il timore di restare incinta, di dover affrontare la famiglia, di essere esposte al giudizio della classe… e il ricorso alla contraccezione d’emergenza diventa quasi un imperativo categorico. Ma poter andare in farmacia senza ricetta condanna inesorabilmente alla solitudine queste adolescenti che non troveranno più la sponda affettuosa e formativa del dialogo con chi potrebbe aiutarle ad elaborare un’esperienza, a trasformarla in una occasione di maturazione. Restano chiuse nel circuito di una paura affrontata da sole e tutt’al più con la condivisione di un’amica coetanea, che come loro ha più dubbi e insicurezze che non una vera conoscenza di ciò che potrebbe accadere. Il costo della discrezione è la solitudine; il prezzo dell’autonomia una mancata occasione per crescere.
Il grande equivoco
In questo stato di angoscia che si scatena in un’adolescente davanti al rischio di essere rimasta incinta l’unica soluzione possibile sembra quella di ricorrere alla pillola del giorno dopo oppure alla pillola da assumere entro i cinque giorni. Molta confusione è stata fatta anche in questi giorni sui media, usando indiscriminatamente le due diverse terminologie. Forse può aiutare spiegare un po’ meglio:
1) Norlevo è il nome commerciale della specialità medicinale a base di Levonorgestrel, nota come “pillola del giorno dopo”. Si tratta di un farmaco presente in numerose preparazioni estroprogestiniche in quantità minimali, che in questo caso ha una maggiore concentrazione di prodotto attivo e agisce puntando al blocco dell’ovulazione. Il suo obiettivo è anche cercare di creare delle interferenze nella mobilità dell’ovulo per evitare il suo incontro con lo spermatozoo. In altri termini, almeno in teoria, dovrebbe prevenire la fecondazione dell’ovulo.
2) L’ulipistral acetato (EllaOne), la cosiddetta pillola dei cinque giorni, di cui per l’appunto si sta parlando in questi giorni, ha un’azione decisamente più aggressiva sia nel tentare l’inibizione della ovulazione che nella soppressione dei fattori che favoriscono l’annidamento dell’ovulo fecondato, per esempio con una riduzione del flusso ematico all’utero. Il combinato disposto del blocco dell’ovulazione più il blocco dell’annidamento la rendono decisamente più abortiva.
Fin dall’8 maggio 2015 l’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) aveva deciso che le donne maggiorenni avrebbero potuto acquistare EllaOne senza ricetta. Ora a distanza di tre anni, dall’8 ottobre 2020 questa indicazione vale anche per le minorenni. Parliamo di una scelta che secondo Magrini ha un carattere assai discutibilmente etico, ma ha certamente enormi implicazioni di natura economica. Vale la pena ricordare che dopo l’8 maggio 2015 l’impennata di vendite di EllaOne aumentò immediatamente, passando da 123.800 confezioni a 229.900, che diventarono 253.000 nel 2018. Sono gli ultimi dati attualmente disponibili, ma è facilmente prevedibile che anche questa volta l’uso e l’abuso di EllaOne avrà un ulteriore picco di consumi.
L’Aifa giustifica la sua decisione e minimizza la sua responsabilità affermando che al momento dell’acquisto in farmacia la consegna della pillola sarà accompagnata da un foglio informativo con lo scopo di promuovere una scelta informata ed evitare un uso inappropriato della contraccezione di emergenza. “Voglio sottolineare – dice ancora Magrini – che si tratta di contraccezione di emergenza e non un farmaco da utilizzare regolarmente”.
Conclusioni
Ma in questo modo non ci si rende conto di alcune specifiche caratteristiche adolescenziali in cui l’impatto emotivo della paura ha facilmente gioco su un approccio più lucido e razionale. Sui social è già apparsa una tipica affermazione di ragazza nel panico, che suona più o meno così: “E se oltre alla pillola del giorno dopo, trascorsi cinque giorni prendessi EllaOne per essere più sicura?”.
Il rischio è che in una fase di grande confusione emotiva, tipicamente adolescenziale, esasperata dal tempo che stiamo vivendo in piena pandemia, con un’accertata promiscuità nei rapporti sessuali e con i diversi partner, si voglia garantire la cosiddetta libertà sessuale barattandola con la stessa salute sessuale. Minorenni sempre più sole e confuse possono cercare false certezze in una negazione esplicita della maternità, oggi indesiderata e inopportuna, ma domani evitata come responsabilità che non ci si sente più di assumere, contribuendo a perpetrare questo inverno demografico amaro e dolente per tutti. A cominciare dalle donne stesse.