Il Dpcm approvato la scorsa notte non contiene strette particolari sulle attività economiche e produttive. Bar e ristoranti dovranno chiudere alle 24 e non consentire le consumazioni in piedi dopo le 21. Per ora, come ha spiegato Roberto Gualtieri nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla Nota di aggiornamento al Def, il Governo ritiene “che le misure di monitoraggio e di contrasto dell’epidemia unite all’attenzione e alla cautela da parte di tutti noi e la capacità di dispiegare una rete di protezione economico-sociale come quella finora messa in campo, consentiranno di limitare ricadute negative sull’attività economica”. Restano quindi confermate le previsioni della Nadef, documento che secondo il ministro dell’Economia indica “uno scenario prudente”. «Per quanto possano essere state prudenti le previsioni della Nadef, nel momento in cui la situazione italiana dovesse seguire quella in via di costante e progressivo peggioramento che vediamo in Gran Bretagna o in Francia, è chiaro che andrebbero riviste al ribasso», ci dice Marco Fortis, Direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.
Cosa pensa in ogni caso delle previsioni sulla crescita dell’economia contenute nella Nadef.
Se la situazione si manterrà sotto controllo, se non si arriverà a decisioni che comportino la chiusura o forti limitazioni alle attività economiche e degli spostamenti, le previsioni della Nadef sono condivisibili. Il problema è vedere se ci sarà una coerenza tra i numeri ipotizzati e le azioni effettive di governo. Il quadro programmatico prevede l’utilizzo graduale nei prossimi anni delle risorse messe a disposizione dall’Europa, così da imprimere una velocità di ripresa superiore a quella immaginata dal quadro tendenziale. Certo è che una riesplosione della pandemia cambierebbe tutto.
La paura impatterebbe negativamente sui consumi, ma forse il peggio arriverebbe con un nuovo blocco delle attività produttive.
Non c’è dubbio e le due cose sono comunque collegate. Anche se è stato registrato un miglioramento del sentiment sia delle famiglie che delle imprese, non siamo in presenza di una fiducia riconquistata: un peggioramento del quadro epidemiologico la spazzerebbe via rapidamente. Ho l’impressione che in generale tutti i Governi stiano cercando di evitare il più possibile di trasmettere messaggi di possibili nuovi lockdown totali, perché anch’essi impatterebbero negativamente sulla fiducia. Come abbiamo visto con l’ultimo Dpcm, si cerca di procedere con la chiusura anticipata di alcune attività e interventi mirati su singole aree.
Alla luce di questa situazione fragile, c’è qualcosa su cui la Legge di bilancio dovrebbe puntare in maniera particolare?
Bisognerebbe che ci fosse qualche numero più circostanziato sugli investimenti. Nel Recovery plan francese ci sono voci e allocazioni di risorse precise, a differenza di quanto stiamo vedendo nel nostro Paese, dove si capisce che c’è voglia di attingere ad alcune fonti per poter fare investimenti, ma non abbiamo dettagli precisi sulle iniziative che si vogliono mettere in campo. Io credo poi sia opportuno ricorrere al Mes sanitario per avere risorse utili ad aumentare i controlli, i tamponi e le misure preventive per contenere i contagi. Anche perché i tempi del Recovery fund si stanno allungando. Il Governo sta di fatto procedendo nella speranza che sia la pandemia, sia il Recovery fund vadano nelle direzioni auspicate, ma non è detto che ciò accada.
Proprio perché non ci sono certezze sui tempi con cui arriveranno le risorse europee, il Governo non dovrebbe puntare maggiormente sugli investimenti?
Certamente, lo sostengo da mesi, anche perché i posti di lavoro che si perdono nei settori che sono stati più colpiti dalla crisi non sono recuperabili, perlomeno nel medio termine. Occorre crearne di nuovi facendo partire rapidamente le opere pubbliche già cantierate, ma bloccate, anche a prescindere da quelle che si immagina di accelerare con il Recovery plan. Una svegliata sugli investimenti che si possono far partire subito ci garantirebbe forse quel punto-punto e mezzo di Pil in più che non è detto che venga automaticamente dalle speranze che sono state riposte nel 2021.
Il problema resta superare le resistenze e i no alle grandi opere di parte della maggioranza?
Guardi, non mi sembra più nemmeno un problema solamente ideologico. Purtroppo la Pubblica amministrazione, che dovrebbe essere impegnata per far procedere queste iniziative, in questo momento è incapace di agire. Stanno venendo a galla tutti i limiti di anni in cui non si è investito sulla Pa, sui ministeri, sulla loro modernizzazione, sul fatto che le funzioni dello Stato si parlino, diano le autorizzazioni necessarie.
Se non cambia qualcosa, però, l’alternativa resta quella di portare avanti politiche assistenziali per evitare drammi sociali.
La situazione rischia di avvitarsi proprio perché man mano che il quadro si deteriora in alcuni comparti, l’attenzione si sposta sugli interventi di salvataggio invece che su quelli di investimento. Se andiamo avanti di questo passo non si farà mai il necessario salto di qualità e non si investirà in nuova occupazione. Abbiamo bisogno di potenziare la domanda di lavoro nei cantieri. Se non si crea reddito compensativo di quello che viene perso, i consumi non ripartono. Dobbiamo traghettare questo Paese fino al Recovery fund e per questi mesi ci sta affidando soltanto al rimbalzo spontaneo dell’economia, mentre ce ne potrebbe essere anche uno guidato da un intervento straordinario dello Stato nel potenziare e portare all’effettuazione di iniziative che erano già cantierate.
(Lorenzo Torrisi)