Prende il via oggi un Consiglio europeo in cui necessariamente si parlerà di Recovery fund, anche se il tema non è all’ordine del giorno. La vera e propria messa in moto del piano elaborato dalla Commissione europea rischia infatti di ritardare e questo potrebbe essere un problema di non poco conto per il Governo italiano, che sta lavorando alla definizione della Legge di bilancio nella quale dovrebbero essere considerati anche i fondi di Bruxelles da utilizzare per iniziative che dovrebbero aiutare a raggiungere il +6% di Pil stimato nella Nadef per il 2021. Una previsione che potrebbe essere messa in discussione anche dall’andamento del Covid, come ricorda Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Professore, per il Governo si avvicina il momento di presentare la Legge di bilancio. Come vede la situazione?
Devo dire che l’esecutivo continua a operare quasi non fosse al corrente dell’esistenza dell’economia sanitaria. Non sappiamo se quando vengono adottate norme sulle feste, sulle chiusure dei locali, piuttosto che sugli spostamenti coi mezzi di trasporto ci sia dietro un’analisi fatta come si deve, che tiene conto della carica virale dei tamponi, di rilevazioni fatte su un campione causale e non in contesti dove c’è più o meno probabilità di trovare contagiati, oppure se si prendono decisioni su basi politiche o peggio ancora caoticamente senza criteri.
Che legame c’è tra quanto sta dicendo e la manovra?
Dato che si continua a considerare l’economia e la sanità come due rivali con interessi opposti, si opera come se si dovesse cercare una mediazione. Se le decisioni vengono prese caoticamente o strumentalmente è difficile non pensare che le previsioni della Nadef siano troppo ottimistiche e che quindi le misure che si adotteranno nella Legge di bilancio non ci faranno raggiungere gli obiettivi di crescita immaginati. A ciò si aggiungano due politiche sbagliate.
Quali?
La prima è non avere chiarito se si farà o meno ricorso al Mes sanitario. È chiaro che quelle risorse aiuterebbero a migliorare il deficit. La seconda è che ancora non ci sono dettagli sul Recovery plan, nemmeno su temi importanti come l’ex Ilva di Taranto, la digitalizzazione e il trasporto ferroviario. Sappiamo che i fondi europei possono essere usati per la riconversione dell’acciaieria, ma il Governo, a parte gli annunci, non ha ancora spiegato concretamente cosa vuole fare. Non è neppure chiaro come si interverrebbe sulle linee ferroviarie, che potrebbero avere un impatto positivo sull’inquinamento atmosferico, sul turismo e sull’economia del Mezzogiorno. E non si è poi saputo più nulla del progetto di rete unica, con tutte le implicazioni geopolitiche che di certo non mancano con un Governo da una parte vicino alla Cina (M5s) e dall’altro alla Francia (Pd).
A suo modo di vedere nella Legge di bilancio dovrebbero trovare più spazio gli investimenti?
In realtà, su questo fronte il vero problema è che con le attuali procedure semplicemente gli investimenti non si fanno. Il modello Genova sembra essere destinato a rimanere un’eccezione. C’è poi un’altra questione cui il Governo non sembra dare il giusto peso.
A che cosa si riferisce?
Un ex ministro e deputato del Pd, Pier Carlo Padoan, diventerà Presidente di Unicredit, quindi vuol dire che qualcuno che conosce la realtà bancaria dovrebbe essere nella maggioranza. Eppure non ci si preoccupa del fatto che sono principalmente le banche ad acquistare i titoli del debito pubblico italiano. Come possono farlo mentre aumentano, a causa della crisi e delle restrizioni, i crediti in sofferenza? È chiaro poi che le risorse utilizzate per comprare titoli di stato vengono sottratte al credito per imprese e famiglie.
Su questo fronte si può fare qualcosa?
Può essere d’aiuto una riforma fiscale utile ad alleggerire il peso delle sofferenze bancarie, in particolare intervenendo sulla pressione fiscale relativa agli immobili che rappresentano il grosso delle garanzie date per ottenere credito, rendendo possibile quindi una loro valorizzazione. Il Governo non pare però non avere una strategia su questo tema, come d’altronde dimostra di non averne nemmeno una per quel che riguarda la politica industriale.
(Lorenzo Torrisi)