“Macché involuzione autoritaria. Il nostro pericolo maggiore viene dalla confusione. Confusione tra le amministrazioni dello Stato, confusione sulle strategie da adottare nel medio-lungo periodo per uscire dalla crisi e ricostruire” dice al Sussidiario Massimo Cacciari, filosofo, opinionista, di sinistra ma convintamente federalista, una vita politica da Potere Operaio (negli anni 70) a sindaco di Venezia con i Democratici di Prodi.
Cacciari critica il governo per quello che non ha fatto, ma è convinto che “un nuovo lockdown metterebbe in ginocchio definitivamente il paese”. Come certi virologi che non sanno guardare la realtà: “non si muore solo di Covid, ma anche di disperazione e povertà”.
Da che cosa dipende la confusione, professore?
Dall’attuale situazione istituzionale, dalla qualità del ceto politico. E da una lunga storia. Sembra essere capitato tutto all’improvviso, ma sono trent’anni che siamo messi male. I problemi che stiamo vivendo rivelano i guai organici del nostro sistema politico, istituzionale, economico, sanitario. E nei momenti di crisi i nodi vengono sempre al pettine.
Qual è la strada per rimettere ordine nei rapporti Stato-regioni?
Quella di una vera riforma federale dello Stato. Serve una chiara distinzione delle responsabilità, in cui ognuno fa finalmente bene quello che deve fare, ottenendo con politiche proprie i fondi necessari a svolgere quelle funzioni. E una camera delle autonomie che presieda alle diverse politiche regionali.
I Dpcm di Conte sono la via giusta?
Sono anch’essi un tampone, buono solo per inseguire l’emergenza. Cosa vuole che possano fare? Danno solo raccomandazioni e consigli, alcuni sensati, altri meno. La realtà è che non c’è una strategia.
Cosa doveva fare il governo?
Doveva rafforzare le strutture sanitarie, realizzando il maggior numero di terapie intensive possibili, potenziate solo per un terzo; riorganizzare la medicina del territorio con indicazioni molto precise per i medici di base, che sono il fondamento per affrontare seriamente il virus, e questo è stato fatto solo parzialmente, in alcune regioni sì e in altre no; doveva assumere medici e infermieri e non l’ha fatto, o lo ha fatto solo parzialmente.
Insomma la sua è una stroncatura.
Non dico che non sia stato fatto nulla, ma quello che è stato fatto è insufficiente ed è risultato tardivo.
Conte non è più per il lockdown, che vorrebbe dire ammettere di avere sbagliato. Oggi è il Pd che lo incalza, chiedendo misure più restrittive.
Sbaglia il Pd e ha ragione Conte, perché un nuovo lockdown metterebbe in ginocchio definitivamente il paese. Le regioni devono assumersi le loro responsabilità e così i sindaci. Le chiusure vanno fatte in modo mirato, situazione per situazione, non come il primo lockdown, uguale per tutti dalle Alpi al Lilibeo. Già quello fu un errore.
Domenica scorsa Salvini, Meloni e Berlusconi hanno ribadito in una lettera la loro “disponibilità a collaborare con il governo”. Anche il Colle ha invitato più volte l’esecutivo a coinvolgere l’opposizione, ma vere aperture non ci sono state.
Una perdita di tempo. Le sembra che abbiano mostrato una disponibilità seria al coinvolgimento? Questo ha senso se arrivano proposte concrete, ma l’opposizione ha fatto solo propaganda, andando in giro un giorno con la mascherina e due senza.
Il virologo Crisanti aveva pensato un piano di sorveglianza attiva da 400mila tamponi al giorno e adesso rimprovera il governo di non averlo messo in atto. Era la soluzione?
E chi li fa 400mila tamponi al giorno? Questi virologi saranno anche bravissimi nel loro lavoro, ma a volte non mi sembrano avere nessuna idea di cos’è la realtà che li circonda. Viviamo in un mondo che non è solo quello del loro virus. Quando anche facessimo 400mila tamponi al giorno e trovassimo 50mila asintomatici e positivi, poi che cosa facciamo? Glielo dico io: chiudiamo il paese di nuovo. A certi virologi, quelli che non hanno una sensibilità sociale, interessa solo fermare il virus, il resto non gli importa.
Cosa intende per sensibilità sociale?
La consapevolezza che non si muore solo di Covid, ma anche di disperazione e povertà. La coscienza che questo paese è sull’orlo di un baratro sociale ed economico.
Siamo nelle mani dell’Europa o dobbiamo farcela da soli?
La nostra fortuna è che tutta l’Europa è in condizioni analoghe. Si stamperà moneta e si andrà avanti come durante una guerra. Ma mi preoccupa ancor più il momento in cui si dovrà ricostruire. Adesso andremo avanti indebitandoci, ma poi, oltre a ripagare i debiti, serviranno idee per ripartire. In giro non ne vedo.
In che modo il Covid sta rimodellando una Italia già in crisi?
Nel modo peggiore immaginabile, perché sta aggravando le contraddizioni e moltiplicando disuguaglianze da ogni parte: tra pubblico e privato, tra settori economici, dentro la società.
I partiti sono morti?
Quando i partiti muoiono se ne formano di nuovi. Ce ne saranno sempre, finché c’è la democrazia. E anche dopo.
Dopo in che senso?
Cosa sono stati il partito nazionalsocialista e quello fascista?
Il governo resterà in piedi?
Dipenderà da come affronta il momento della ricostruzione a gennaio.
(Federico Ferraù)