Chi è più eversore fra i No-Tav spacca-vetrine a Torino e gli albergatori dell’Alto Adige? Oppure gli eversori di ultima istanza stanno in realtà nei palazzi romani? Ed è più odioso il ritorno di Forza Nuova nelle piazze di Roma o quello della retorica dell’odio sui media politicamente corretti? In Italia il problema di ordine pubblico è dato dalla seconda ondata Covid e dai soliti “pochi facinorosi” sempre in agguato? Oppure in agguato contro gli italiani ci sono anzitutto l’incompetenza del governo e l’irresponsabilità delle forze politiche?
La prima domanda non sembra fuori luogo sfogliando il Corriere della Sera di ieri. Subito a pagina 7, – a destra, molto visibile nella parte alta del giornale – ci s’imbatte in un’inserzione piena. In primo piano c’è una coppia a tavola in un’elegante terrazza-ristorante, con il ristoratore che brinda in piedi sorridente. Attorno una calda atmosfera serale, sottilmente pre-natalizia. Sullo sfondo un profilo di montagne e un vago biancore invernale. Siamo in una stube: poco importa se di una Spa di Merano o di un albergo gardenese.
“Cosa rende così unico l’Alto Adige?”. Anzi: il “Sudtirol”, come precisa il brand riassuntivo della pagina. Ma è il toponimo inventato dal fascismo – e ripudiato già sessant’anni fa dai bombaroli filo-austriaci – a tornare evidentemente cruciale nell’autunno 2020. Richiama – in rigoroso italiano, diretto alla clientela strategica in epoca-Covid – il “venghino venghino” che il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, ha subito fatto risuonare “a marameo” dell’ultimo Dpcm del premier Giuseppe Conte. Che in Sudtirol (Alto Adige) hanno allegramente cestinato: mantenendo alle 22 l’orario di chiusura degli esercizi pubblici. E preannunciando una stagione turistica invernale regolare. Con tutti i saluti del caso al vicino Veneto di Luca Zaia che non ha (ancora) poteri di autonomia rafforzata: né potrà trattenere un miliardo di tasse locali come hanno già annunciato di voler fare le Province del Trentino e dell’Adige.
A Bolzano, comunque, nessun corteo, nessuna vetrina spaccata: come invece è accaduto a Torino, dove i centri sociali hanno scatenato la loro rabbia contro il lockdown imposto alla “loro” piazza di Santa Giulia. Inavvicinabile da anni anche dalle Forze dell’Ordine: anche prima che sotto la Mole governasse un sindaco M5S. Curioso (ma non troppo) che avvenga quando M5S – storico contenitore “grillino” dell’antagonismo ambientalista piemontese – è il primo partito nel Parlamento nazionale ed esprime il premier che ha firmato il nuovo semi-lockdown.
Preso a sassate dai blackblock torinesi e ignorato e deriso dal Suditirol (Alto Adige) moderato e imprenditoriale: Conte può davvero dar la colpa di tutto a un “vento del Nord” che stavolta non porta alcun distintivo di brigata partigiana? Non è che la (presunta) ‘”eversione” ha invece la sua radice nella sua pretesa di continuare a (non) governare l’Italia in pandemia con pieni poteri ma nessun voto alle spalle? Un avvocato foggiano non eletto può decidere per Torino e Bolzano senz’aver quasi mai varcato l’Appennino dall’inizio dell’emergenza? E’ un premier, Conte, che somiglia sempre di più a Ivanoe Bonomi nel 1944: capo del “governo di Salerno” in un’Italia spaccata (al Sud un re detronizzato e i liberatori” americani; al Centronord gli occupanti nazifascisti e gli italiani che volevano “resistere” soprattutto al ritorno di chi aveva governato l’Italia fino ad allora).
In un’ennesima lettera affannata a Repubblica Nicola Zingaretti il leader del Pd e presidente della Regione Lazio, ha intanto nuovamente additato il contrasto al ritorno di fiamma epidemico come vera emergenza nazionale. Ha formalmente tutte le ragioni, ma sostanzialmente tutti i torti: negli ultimi 14 mesi è stato lui il leader del Pd fondatore e tuttora sostenitore della maggioranza giallorossa. Come ha scritto il sociologo Luca Ricolfi, anche lui come il premier dovrebbe anzitutto riconoscere i suoi errori nel governo del Paese e chiedere nuova fiducia su un programma serio, preciso, concreto, da attuare subito. Invece già il modus è scoraggiante. Il leader di un grande partito di maggioranza e il governatore della regione di Roma non scrive lettera accorate ai quotidiani: decide “tutto, presto e bene” nelle sedi e con gli strumenti istituzionali.
Nel merito i nuovi appelli all’unità morale del Paese (cui oggi pare ormai autorizzato solo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) sembrano l’ennesima scorciatoia in senso vietato: additare come “nemici del popolo” tutti coloro che protestano contro le decisioni di un governo palesemente inadeguato e da tempo delegittimato rispetto alla “sovranità del popolo”. Appare del resto una tattica poco diversa da quella sperimentata nella “fase 1” del governo Conte-2: la costruzione manipolatoria di una retorica dell’odio attorno a un fake (le 200 hate-mail alla senatrice a vita Liliana Segre) per “fermare Salvini”. E concentrare – cioè cancellare – l’attività del governo attorno a una finalità puramente elettorale: “fermare Salvini” in Emilia Romagna. Curioso (ma non troppo) che il governatore Pd Stefano Bonaccini, vittorioso a gennaio, sia oggi il presidente della conferenza delle Regioni, particolarmente critico con l’ultimo Dpcm. Come gli albergatori “altoatesini”. Come i blackbloc torinesi: che non coverebbero neppure più cattive intenzioni in Val di Susa, ma vorrebbero continuare a bersi una birra in piazza. Magari rispettando nell’occasione gli obblighi di distanziamento e mascherina.
Ps: sulla “ribellione” del Sudtirol (Alto Adige) non ha nulla da dire la capogruppo Iv alla Camera, Maria Elena Boschi? Eletta nel 2018 per il Pd a Bolzano, con i voti decisivi di Svp. Dopo che la stessa Boschi, da ministro delle Riforme, aveva messo a punto la riforma istituzionale (poi bocciata al referendum 2016) a trattativa sostanzialmente diretta fra Palazzo Chigi e Kompatscher.