«Siamo molto vulnerabili ma io l’ho scritto in senso positivo»: così Paolo Crepet ai microfoni di Fondazione Leonardo sul nuovo libro, intitolato proprio “Vulnerabili”. Il celebre psichiatra ha spiegato che il contrario della vulnerabilità è l’arroganza e la pandemia c’entra con tutto questo: «Perché la vulnerabilità è un valore aggiunto. E ora che ci troviamo nel pieno della seconda ondata è necessario riuscire a scalfire la carrozza che ci eravamo messi addosso di superman e wonder woman».
E per Paolo Crepet la pandemia è una grande occasione per fare un esperimento di «portata ciclopica»: «In un colpo tutti hanno dovuto utilizzare la tecnologia digitale. Pensi alla figura del nonno, costretto a dotarsi di uno smartphone per vedere il nipotino. O pensi allo studente, che per la prima volta ha usato l’Iphone non solo per flirtare con la fidanzatina ma anche per seguire una lezione di italiano. È questo l’uso di massa della tecnologia digitale, è questo che ci ha permesso di vedere i difetti, che mai sarebbero emersi. Per esempio la didattica a distanza è una ottima cosa, in una fase emergenziale. Guai però a sdoganarla».
Per Paolo Crepet la trasformazione antropologica è nell’aria, ma lo psichiatria ha tenuto a mettere in risalto anche un altro aspetto non indifferente. Nel corso dell’intervista rilasciata alla Fondazione Leonardo, ha fatto l’esempio della crisi di Wall Street del 1929, una pandemia breve ma drammatica, che causò un picco di suicidi: «Succede che a New York, epicentro del cataclisma, arrivano i più grandi architetti, vuoi perché in fuga dalla Germania nazista, vuoi perché attirati da questa città. In quel contesto nasce lo skyline, in quel contesto iniziano a spuntare i grandi grattacieli, quasi come una necessità di rimuovere il grande danno. Dalla catastrofe nasce una città mito».