Il Decreto Ristori ha preso forma e, come si può apprendere dai rispettivi siti internet del Governo e del ministero dell’Economia e delle Finanze, sarà «un sostegno veloce, semplice e diretto» attraverso una serie di misure urgenti a favore della tutela della salute, a sostegno dei lavoratori e dei settori produttivi, nonché in materia di giustizia e sicurezza connesse all’epidemia da Covid-19. Questo ennesimo atto di intervento dell’esecutivo in carica ha destato molto interesse soprattutto per l’iniziale dote (oltre 5 miliardi di euro) e le modalità medianti le quali poterne beneficiare ovvero un «ristoro direttamente sui conti correnti delle imprese» da parte dell’Agenzia delle Entrate.
I 35 articoli che costituiscono il testo del decreto sono suddivisi in quattro titoli: «Sostegno alle imprese e all’economia (Titolo I), Disposizioni in materia di lavoro (Titolo II), Misure in materia di salute e sicurezza e altre disposizioni urgenti (Titolo III), Disposizioni finali (Titolo IV)». Consultando i singoli articoli, si può e si deve, apprezzare l’insieme degli sforzi messi in campo da parte del Governo, ma, nonostante questa constatazione, sorgono alcune perplessità su alcune azioni incluse nello stesso provvedimento.
Di fatto, agli articoli 28, 29 e 30 vengono specificate iniziative che “di ristoro” (se strettamente inteso dal punto di vista economico) non presentano alcuna caratteristica, ma, al limite di un paradossale fraintendimento, riportano elementi che potrebbero distogliere dall’originaria ratio legis. Nella fattispecie: l’articolo 28 disciplina le “Licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà” a seguire la “Durata straordinaria dei permessi premio” (articolo 29) e infine “Le disposizioni in materia di detenzioni domiciliari” (articolo 30). Sulla base di quanto previsto sembra che la storia si stia ripetendo, o meglio, come già accaduto in occasione del Decreto “Cura Italia”, il timore di poter assistere a nuove e potenziali ripercussioni dal punto di vista politico appare assai concreto poiché in capo a questa “svista” pende il verosimile parallelismo tra il predisposto dello scorso aprile e quello di oggi.
Gli attuali e citati articoli vedono rispettivamente un sostanziale riferimento ai precedenti 83 (punto 17), 123 e 124. Ovviamente è impensabile parlare di uno “svuota carceri” o “indulto”, ma si ritiene opportuno riportare all’attenzione del pubblico quale possano essere le dirette conseguenze di tale legiferare.
È doveroso e prioritario sgomberare dubbi sul nostro intento: la salute viene prima di tutto e, come previsto dalla Costituzione, la sua tutela e la garanzia delle dovute cure è un principio fondamentale. Non si tratta di un mero esercizio a livello normativo, bensì di un elemento distintivo a livello umano a prescindere da tutto e tutti. Di certo, in un decreto che tratta essenzialmente di “ristori” (essenzialmente di natura economica), il ritrovare norme “sulla giustizia” può apparire una forzatura: è pur vero che la tutela e la salvaguardia della salute dei detenuti è stata talvolta sottovalutata e, in molte occasioni, i cosiddetti riflettori non hanno abbastanza illuminato quanto invece doveva essere posto davanti agli occhi di tutti: questo non deve mai più accadere e non potrà mai più avere una giustificazione o assenza di motivazioni.
Nella speranza di non assistere a facili strumentalizzazioni politiche confidiamo nell’operato del legislatore, ma, oggi, e ancor più in questo delicato momento, rimane un dubbio sull’effettiva valenza del provvedimento.