Continua ad essere drammatica la situazione coronavirus in Italia, e nell’ultima settimana i casi sono saliti in maniera quasi esponenziale. Lo sottolinea in particolare la Fondazione Gimbe, noto think tank di Milano, che nella voce del presidente Nino Cartabellotta denuncia: «Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 60% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, portando gli ospedali verso la saturazione. Questo impatta anche sul numero di decessi, che nell’ultima settimana ha superato quota 1.700 con un trend che, con una settimana di ritardo, ricalca di fatto le altre curve. L’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati, prossimo al 24%, certifica definitivamente il crollo dell’argine territoriale del testing & tracing». Nel dettaglio c’è stato un incremento di decessi negli ultimi sette giorni pari al +72.1% (totale 1.712), mentre in terapia intensiva l’incremento è stato del 58.8%, +812. I casi di positività sono cresciuti invece del 63.9%, +163.051, mentre i ricoveri nei reparti di degenza normale sono aumentati del 51.3% (+7.159).
FONDAZIONE GIMBE: “VA SPECIFICATO IL CRITERIO DI CLASSIFICAZIONE DELLE ZONE”
Cartabellotta ha commentato anche l’introduzione del nuovo Dpcm, dicendosi d’accordo con la divisione in zone dell’Italia, ma storcendo il naso di fronte alla non pubblicazione dei criteri per classificare il livello di rischio: «L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale – ha specificato il numero uno della Fondazione Gimbe – è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali, concedendo un vantaggio sempre maggiore al virus». Secondo Cartanellotta manca anche una vera e propri strategia a lungo termine in grado di potenziare gli ospedali e informare la popolazione, «Al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro».