Non tutte le pandemie hanno gli stessi effetti socio-economici sulla popolazione. Secondo una ricostruzione fatta dal quotidiano LaVoce.info, lungo la storia si sono manifestate notevoli differenze. Il colera dell’Ottocento e la peste del Seicento ebbero un effetto ridistributivo limitato, perché colpirono le classi più povere della popolazione. La peste del Trecento, a causa della quale morì metà della popolazione europea, contrasse le disuguaglianze sia per la scarsità della forza lavoro, che aumentò il potere contrattuale delle classi più povere, sia per la frammentazione ereditaria dei grandi patrimoni degli aristocratici in Europa, decimati anch’essi dall’epidemia. La spagnola (1918-19) causò numerose vittime, ma il tasso di mortalità era inferiore a quello della peste; tuttavia, gli effetti sul mercato del lavoro furono devastanti, provocando disoccupazione e perdita di reddito, soprattutto tra i più svantaggiati: su questa linea si colloca probabilmente l’attuale pandemia, da cui ci si attende una forte crescita delle disuguaglianze, con conseguente crisi sociale, oltre che sanitaria ed economica, come stiamo già vedendo nel nostro Paese.
Vorrei ora volgere l’attenzione ad alcune fasce che rischiano di essere tra le grandi dimenticate oggi, in un momento in cui gli sforzi sono pressoché integralmente concentrati sul problema sanitario. Sto parlando dei poveri-poveri, i senza tetto, senza lavoro, senza nulla o quasi. Il Rapporto 2020 della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia (“Gli anticorpi della solidarietà”) evidenzia i rischi di una grande recessione, in un contesto, quello italiano, dove sono ancora visibili e profonde le ferite della crisi economica del 2008.
I poveri assoluti, ossia privi dei beni essenziali, sono 4,5 milioni, benché il dato non includa ancora i più recenti effetti della pandemia, colti soltanto per ora dai centri di ascolto, con un sensibile presagio di peggioramento (nel 2008, i poveri assoluti erano circa 1,7 milioni). La pandemia ha già esasperato tutti gli aspetti della disuguaglianza: sotto il profilo della dimensione occupazionale, le conseguenze sono diverse per i lavoratori precari, autonomi, rispetto a chi ha un lavoro a tempo indeterminato (“Improvvisamente sono apparse fasce sociali di povertà mai conosciute che possiamo chiamare i ‘nuovissimi poveri”‘ Categorie lavorative salde fino a pochi mesi fa, oggi si ritrovano a far parte del grande numero dei disoccupati, di coloro ai quali non sono stati rinnovati i contratti di lavoro, di coloro che con l’avvio della stagione estiva attendevano un impiego temporaneo.”); sotto il profilo educativo, molte famiglie non hanno potuto, per ragioni di spazio e di carenza tecnologica, assicurare ai figli la frequenza delle lezioni scolastiche durante il lockdown; sotto il profilo abitativo, l’obbligo di stare a casa è stato tragico per chi viene in spazi ridotti, magari sovraffollati, ed è stato impossibile per chi vive in strada.
Proprio questi ultimi rischiano di essere i grandi dimenticati: per lo più invisibili in periodi normali, potrebbero essere cancellati dall’esistenza e dalla memoria ora più che mai, esposti al contagio, privi di cibo, di farmaci e di dispositivi di protezione, eccetto l’aria aperta, troppo fredda d’inverno e, quindi, ancora più impietosa del solito.
Solo la solidarietà, in forma associativa (corpi intermedi) e individuale, potrà venire incontro a questo mare di bisogno: “E ora, che siamo ancora immersi nell’emergenza, come guardare avanti? Nel periodo del lockdown a fare la differenza è stata la possibilità di avere dei riferimenti territoriali saldi a cui rivolgersi per ricevere l’aiuto di cui si aveva bisogno […]. ‘Esserci’ in quei giorni è servito a contenere i timori e il senso di pericolo, ha rappresentato una fonte di rassicurazione e, in alcuni casi, di speranza”.
Non da ultimo i sintomi e i postumi – per chi è stato ammalato – psicologici di un momento non facile per nessuno: “Paura, preoccupazione e disorientamento sono gli stati d’animo che hanno caratterizzato le risposte che rientrano nell’ambito psichico-esistenziale: “preoccupazione… mi ha rovinato psicologicamente in tutto e per tutto… Mio figlio ha paura! È bruttissimo! Ci ha tolto la possibilità di fare tutto”.