L’uscita del Presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, è di quelle che in normali condizioni di mercato, ovvero senza la distorsione sistemica da backstop della Bce, domani mattina farebbe salire lo spread di 40 punti base in apertura di contrattazioni. Così, di colpo. Certo, in questo momento David Sassoli prima che un politico italiano rappresenta la seconda carica europea. Ma, in realtà, quelle parole lette da Berlino o L’Aja risuonano come il grido disperato che arriva dalla miniera del Club Med, dove il canarino più grande comincia a tossire senza sosta. E fatica a respirare. Cancellare il debito contratto dai Paesi membri per la crisi da Covid, infatti, rappresenta il definitivo varco del Rubicone verso due concetti inaccettabili per il fronte del Nord: mutualizzazione del debito e finanziamento diretto dei deficit. Di fatto, un qualcosa che sta già avvenendo attraverso il programma Pepp, ma che viene accettata solo perché regolata e sovrintesa da un principio di emergenzialità e limitatezza temporale. Ovvero, finita la crisi, muore il Pepp. E con esso, le deroghe su capital key e limite per emittente e le emissioni comuni per finanziare fondi come lo Sure.
Jens Weidmann, capo della Bundesbank, ha passato l’estate a ricordare e sottolineare con l’evidenziatore questo concetto. Ora, David Sassoli va oltre. Alza l’asticella di un metro in una sola volta, piuttosto che accontentarsi di altri 20 centimetri, avendo già strappato questi risultati, oltre all’ammontare maggiore del Recovery fund proprio per l’Italia. Cancellare i debiti contratti come risposta al Covid. Praticamente, strofinarsi dell’aglio su tutto il corpo e correre ad abbracciare il conte Dracula, se visto dalla prospettiva del Nord Europa.
Cos’ha spinto il presidente dell’Europarlamento a una scelta simile? La disperazione, temo. Dettata da più motivazioni. Primo, l’Europa non solo si è fatta cogliere con la guardia abbassata dalla nuova ondata di Covid, ma sta rispondendo alla nuova emergenza in ordine totalmente sparso. Ognuno per suo conto. Sintomo poco edificante di uno sfaldamento politico già in atto. Secondo, proprio l’arrivo della seconda ondata con questa magnitudo ha di fatto azzerato il potenziale risolutivo di quanto messo in campo finora. Se, come sembra, i nuovi lockdown faranno precipitare l’eurozona in una nuova recessione a doppia cifra, quanto messo a regime del Recovery fund sarà già pressoché inutile.
Terzo, il veto dell’Ungheria rispetto al vincolo sullo stato di diritto, rischia di trasformarsi in un cavallo di Troia pronto all’uso per chi, come ad esempio l’Olanda, non ha del tutto digerito l’esito del Consiglio europeo di giugno. Quarto, David Sassoli ha parlato da italiano. E lo ha fatto partendo da alcuni dati di fatto che, a poco a poco, stanno emergendo in tutta la loro drammaticità. Per quanto il governo millanti fiducia. Per capire il livello di serietà rappresentato dal salto nel vuoto posto in essere da David Sassoli con la sua intervista su Repubblica, infatti, occorre metterlo in diretta correlazione con quanto riportato sulla prima pagina de La Stampa, sempre di oggi: Il Covid affonda i conti dell’Inps. Insomma, ciò che vi dico dalla scorsa estate: le casse sono vuote.
Non a caso, si è riaperto a tempo di record il collocamento del Btp Futura, sperando di introitare il massimo sull’onda del calo dello spread garantito dall’azione della Bce. È andata male. Molto male. E non tanto per i 5,7 mliardi raccolti, meno dei 6,1 ottenuti dalla prima tranche di luglio. Quanto per il fatto che, nemmeno troppo segretamente, al Tesoro si dicevano certi che si sarebbe chiusa l’asta già al secondo giorno, al massimo. Si è arrivati alla scadenza naturale del quarto, invece. E senza raggiungere il controvalore di quattro mesi prima, nonostante si offrisse di più a livello di rendimento, non fosse altro perché quel titolo era a 8 anni e non a 10 come il precedente. Poi, ulteriore segno di debolezza e necessità di raschiare il barile, fino a quando l’Eurotower garantirà la scudo al massimo della forza: la prossima settimana, due emissioni di Btp denominati in dollari. Certo, quella dello scorso anno fu un successo. Ma attenzione: ad oggi, il biglietto verde sconta un 10% di premio di rischio legato al futuro di Donald Trump che potrebbe mandare il cross sia al rialzo che al ribasso.
La stessa Deutsche Bank con il suo trading desk ha completamente sbagliato la scommessa, prima chiudendo lo short e poi riaprendolo dopo sole 24 ore. Insomma, roba alle soglie della speculazione, quanto a profilo di azzardo. E invece, le emissioni in dollari saranno rivolte anche (o soprattutto) a clientela retail, la stessa che ha di fatto snobbato il Btp Futura, in confronto un assoluto plain vanilla. Il perché è parte del problema e risposta indiretta alla disperata mossa di David Sassoli per cercare una mediazione a metà strada: la gente, nonostante la tambureggiante campagna di sponsorizzazione dell’emissione da parte dei media, ha capito che quanto stava per acquistare non era un investimento, bensì una partita di giro, un back-door funding per pagare pronta cassa ristori contenuti nei vari Decreti e Cig arretrate. E ha detto no, grazie. Pessimo segnale, al pari del livello di serietà della situazione che deve vedersi dalle finestre del Quirinale, se il Presidente della Repubblica ha sentito il bisogno di richiamare il concetto del risparmio privato italiano come mezzo per la ripartenza.
Il problema è che il livello dei guai di questo Paese è inversamente proporzionale a quello della sabbia nella clessidra che scandisce il tempo residuo per risolverli. Non a caso, persino un giapponese nella foresta come il ministro Gualtieri ha smesso di spingere per l’attivazione del Mes. Il motivo? Ormai, è tardi. La seconda ondata di pandemia ha stravolto ogni piano e ogni calcolo, rendendo quei 36-37 miliardi poco più che l’argent de poche, se posti cinicamente sull’altro piatto della bilancia rispetto allo stigma, tutto politico in questo caso, che ricorrere ora a quel fondo rappresenterebbe per le forze di governo, quando si tornerà alle urne. Siamo già di fronte a un altro scostamento da 20 miliardi circa, a fronte di una manovra 2021 che oggi viaggia in area di controvalore di 38 miliardi: e all’interno di quella differenza fra lordo dell’ammontare e tara dell’intervento in deficit, grava la variabile tutta da verificare del peso netto di aiuti europei contabilizzati per 15 miliardi circa. Arriveranno in tempo o saranno, appunto, solo un artificio contabile che nasconde, nei fatti, necessità di finanziamento reale extra, di fatto palesate nel ricorso strutturale a emissioni di debito sempre più frequenti da parte del Tesoro?
Temo che gli italiani comincino a prendere atto della serietà reale della situazione, sia economica, sia dei conti pubblici. Perché, paradossalmente, la vera sfida sarà quella del post-seconda ondata, quando per tenere fede alle mille promesse fatte, occorreranno miliardi nell’ordine delle centinaia. E pressoché pronta cassa, altrimenti addio sostegni, ristori e soprattutto prolungamento dei divieti di licenziamento per le imprese. Il Governo ha promesso troppo, pur sapendo di dover operare tutto a debito. Ha venduto il Recovery fund come la spada di Excalibur, quando invece era un coltellino svizzero da boy scout. È dovuto ricorrere subito ai fondi Sure, addirittura chiedendo l’erogazione immediata di un anticipo da 10 miliardi, atto che nemmeno la Spagna già in lockdown ha compiuto. Ora, il redde rationem è in arrivo. E il fatto che David Sassoli abbia alzato così tanto la posta, sperando – giova ribadirlo – nell’avvio di una mediazione con i Paesi frugali e del blocco di Visegrad che porti almeno a un accordo a metà strada, getta un’ombra poco gradevole anche sul reale grado di intervento e moral suasion che a Bruxelles si prezza relativamente all’implementazione dei piani di intervento della Bce, attesa per il board del 10 dicembre.
Insomma, il mercato – a differenza della politica – guarda in faccia la realtà e pare che, lentamente, l’incrollabile fede nell’onnipotenza dell’Eurotower stia scemando, quasi a ritenere i 500 miliardi di dotazione supplementare per il Pepp e il prolungamento della sua operatività fino al 31 dicembre 2021 soltanto il minimo sindacale per evitare un altro 2011 in tempi rapidissimi. Attenzione, perché David Sassoli non solo ha palesato uno stigma che vale 10 volte quello di un’attivazione solitaria del Mes, gridando disperato e senza più nulla da perdere che il Re è nudo, ma ha anche creato un’aspettativa mal riposta. Ovvero, fraintendere il contesto. Il presidente dell’Europarlamento, infatti, ha parlato in quel modo partendo da una posizione di esiziale debolezza, non certo di forza o di proposizione attiva. E se qualcuno dovesse compiere l’enorme errore di ritenere quel mayday una risposta concreta e già fattiva e non la disperata ricerca di mediazione che in realtà è, le conseguenze potrebbero essere decisamente serie.
Ora la Bce ha un carico doppio sulle sue spalle, in vista del 10 dicembre. E chi vorrebbe sabotarne i piani, un’arma – letale – in più nel proprio arsenale.