I Golden State Warriors hanno puntato su Nico Mannion al draft NBA 2020: meglio, hanno speso la loro seconda scelta assoluta su James Wiseman – come prevedibile, anche se si parlava di un ipotetico scambio che potrebbe avvenire nei prossimi giorni – ma con la chiamata numero 48 hanno selezionato il prodotto di Arizona, playmaker italo-americano che tutti conoscono come Nico, ma che all’anagrafe fa Niccolò. Delle sue origini e della sua storia abbiamo parlato in maniera approfondita; resterebbe da capire se il suo futuro sarà davvero nella Baia o se anche lui finirà in un pacchetto per arrivare a un giocatore più pronto, ma intanto la curiosità riguarda appunto il fatto che anche papà Pace Mannion era stato selezionato dai Warriors, con la numero 43 ormai 37 anni fa. Reduci da una stagione da 30 vittorie, avevano puntato sulla guardia in uscita da Utah (l’università del suo stato di origine) che però in 57 partite aveva infilato appena 2,1 punti di media. Finito a Salt Lake City per i due anni successivi, in seguito ha giocato per New Jersey, Milwaukee, Detroit e Atlanta ma senza lasciare tracce: nel 1989 ha abbandonato la NBA con 3,1 punti di media ed è approdato in Italia.
PACE MANNION, L’AVVENTURA IN ITALIA
Qui Pace Mannion ha svoltato, ma soprattutto dal punto di vista della vita privata: in campo ha avuto uno straordinario quadrienno a Cantù vincendo la Coppa Korac (33 e 35 punti nelle due finali contro il Real Madrid), ma poi le esperienze a Treviso, Caserta e Reggio Emilia non sono state altrettanto entusiasmanti. Tuttavia nella seconda parte del 2000-2001 si è accasato alla Virtus Siena (che è una società diversa dalla Montepaschi) e qui la moglie Gaia Bianchi, conosciuta già nella stagione con la Juve, ha dato alla luce Niccolò. Terminata la carriera, Pace e Gaia sono tornati negli Stati Uniti: lui è diventato telecronista degli Utah Jazz tornando dunque a casa, ma il college Nico Mannion lo ha fatto in Arizona perché nel frattempo la famiglia ha scelto un clima più mite. E’ il motivo della scelta al college di Nico, unita all’ottima impressione che Sean Miller gli aveva subito fatto (si tratta del coach che lo ha poi allenato, e che lo aveva “reclutato”, durante una cena, così come un’altra quarantina di università ammaliate dalle sue prestazioni liceali); il fatto invece che Mannion Junior non parli l’italiano, se non magari qualche parola qua e là, si deve appunto alla sua repentina partenza dall’Italia. Ad ogni modo, per la sua formazione cestistica Nico deve molto al lavoro di speaker che Pace Mannion ha svolto per i Jazz, come lui stesso ha raccontato durante una recente intervista per Sky Sport.
NICO MANNION E IL MONDO NBA
Nico Mannion infatti ha potuto osservare da vicino tutte le grandi stelle della NBA: LeBron James, quando ancora giocava a Cleveland, fu avvicinato e gli firmò la maglietta durante una sessione di stretching prima di una partita, ma l’incontro migliore è stato con Kobe Bryant del quale Nico ha sempre detto essere il suo giocatore di riferimento. Pace ricorda che si trattava di una partita di playoff, dunque era il 2010 e Nico aveva 9 anni; essendoci parecchia gente ad aspettare il Mamba nel tunnel degli spogliatoi, papà aveva rivelato al ragazzino che l’unico modo per farsi notare sarebbe stato quello di dire qualcosa in italiano. Detto, fatto: Nico Mannion ricorda di aver parlato per circa 10 minuti con Kobe Bryant, “ma quei 10 minuti me li porto dentro da 10 anni”. Ora, è pronto per fare il suo esordio nella NBA anche se probabilmente ci vorrà tempo per tiri come quello raccontato da lui, papà Pace e mamma Gaia per vincere una partita contro la grande rivale regionale di Pinnacle High School, rivale che non perdeva da circa tre anni. “Forse ho fatto qualche tiro così difficile nella mia carriera, ma li ho sbagliati tutti” ha raccontato Pace con orgoglio: se Nico Mannion riuscirà anche solo a calcare con regolarità i parquet NBA saremo soddisfatti e lui lo sarà per primo, a volte una carriera può svoltare quando meno te lo aspetti…