Enrico Ruggeri ha avuto parole di fuoco contro la retorica che ha accompagnato il lockdown e le restrizioni imposte dal governo. Il cantautore se la prende contro «una società che ha barattato la libertà con un’idea rassicurante e confortevole di salute». Ne parla a La Verità, ribadendo di non essere un negazionista. «Mi sono chiesto se non potevamo prepararci un po’ meglio, a livello di sanità, se non nella prima ondata, almeno nella seconda, visto che avevamo sperimentato la precedente». Così ci saremmo evitati altre restrizioni. Invece è stata accettata «la logica di controllo imposta dal Palazzo di pasoliniana memoriaa livello globale». Enrico Ruggeri aggiunge che parlerebbe in questi termini anche in punto di morte per Covid. Per questo viene considerato da qualcuno un “bastian contrario”. E l’artista conferma: «Mi ostino a ragionare con la mia testa, non seguendo la corrente». E questo vale anche per il passato: «Non ho mai voluto omologarmi e essere omologato». Si rifiutava di ossequiare l’establishment, lo stesso vale ora, spiegando che l’emergenza Covid «non si risolve ritraendoci in casa, davanti al pc».
ENRICO RUGGERI E LA COCAINA “SNIFFAVANO TUTTI E…”
Enrico Ruggeri a La Verità parlando del suo rapporto con i soldi rivela di averne sprecati pure in cocaina. «Meno di altri, ma sì, in quegli anni era difficile evitare le tentazioni, sniffavano tutti». Ma gli darebbe fastidio immaginare qualcuno che, rivedendolo in tv, possa ricordare di aver condiviso quell’esperienza con lui. «La droga ti fa ritrovare con persone con cui non hai nient’altro da condividere, tutto tempo sprecato». Nell’intervista affronta anche una questione politica. Era infatti incasellato come di destra. «Io venni minacciato perché avevo i dischi di David Bowie, e ho detto tutto». Quindi, lancia un’accusa alla sinistra: «Il dandismo, mischiato all’ambiguità sessuale, non piaceva alla sinistra militante, più sessuofoba e omofoba di quanto sia stata la destra negli anni successivi». Anche le femministe ce l’avevano con lui all’inizio: «Volevano tirarmi giù dal palco perché secondo loro il mio modo di aggrapparmi all’asta del microfono costituiva una manifestazione fallocratica».