Le Fondazioni e la sussidiarietà in bilico

Tira aria brutta <span class="s1">attorno al Titolo V della Costituzione il che potrebbe mettere a rischio le Fondazioni bancarie</span>

Il dibattito caotico acceso dall’emergenza Covid attorno al Titolo V della Costituzione può nascondere insidie per le Fondazioni italiane di origine bancaria. Giuseppe Guzzetti, leader storico della Fondazione Cariplo e dell’Acri, è stato misurato ma per nulla elusivo nell’avvertire del rischio. Le crescenti pressioni politiche sull’articolo 118 della Carta – volte a ripensare il ruolo delle Regioni – possono mettere in discussione in modo improprio la logica profonda della riforma del 2001: lo sviluppo della sussidiarietà come dimensione innovativa di lungo periodo di una democrazia matura. Ha parlato, Guzzetti, al workhsop che Fondazione CariForlì ha organizzato per ricordare i trent’anni della legge Amato-Carli (vi hanno partecipato fra gli altri, lo stesso Giuliano Amato, oggi vicepresidente della Consulta, l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il presidente dell’Acri, Francesco Profumo, quello della Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti, e il numero uno della Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini).

Le sentenze della Corte costituzionale del 2003 – che dopo una vasta mobilitazione civile sancirono definitivamente l’autonomia statutaria delle Fondazioni – furono nei fatti un primo grande momento applicativo della riforma del Titolo V. Gli Enti vi furono delineati come soggetti esemplari nel campo dell'”organizzazione delle libertà sociali”: pilastri di una sussidiarietà indicata dalla Carta come orizzonte per il futuro della Repubblica. Ridiscutere il Titolo V può avere l’effetto collaterale di aprire varchi strumentali per coloro che tutt’oggi giudicano un errore la creazione delle Fondazioni al fine di promuovere il riassetto del settore bancario. Proprio per questo, all’appuntamento di Forlì, sono stati significativi gli interventi di Amato: padre della legge, poi per un momento timoroso di aver dato vita a dei “Frankestein”; e di Tremonti, che nel 2001 fu protagonista di un tentativo di correzione in senso statalista della legge Ciampi, che perfezionò la Amato-Carli. Entrambi hanno oggi un’opinione convergente sull’esperienza delle Fondazioni. “Raramente in Italia una riforma ha avuto così successo”, ha detto l’ex premier; “Contro le Fondazioni non c’era ideologia negativa, tanto che da quel confronto è nato il nuovo assetto strategico della Cassa Depositi e Prestiti”, ha rammentato Tremonti.

In un presente difficile – in cui in Italia “nessuno può fare da solo”, ha detto Fosti –  la rete delle Fondazioni resta un punto d’appoggio sicuro per il Sistema-Paese: soprattutto allorché il Terzo settore è in prima linea nell’infinita emergenza Covid. Però Guzzetti si è sentito in dovere di augurarsi che “al legislatore non venga in mente di cambiare la normativa, perché si sa sempre dove si inizia e mai dove si finisce”.

Per ora resta la garanzia riaffermata in termini espliciti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio ai lavori: “Negli ultimi mesi le Fondazioni sono state capaci di mobilitare risorse aggiuntive nel quadro della crisi legata alla pandemia, fornendo assistenza alle fasce più deboli: un impegno di grande valore per la nostra società”. 

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