RIFORMA PENSIONI, CONFINDUSTRIA E CGIL SU CONTRATTO DI ESPANSIONE
L’ipotesi di potenziare il contratto di espansione, strumento che tra le misure di riforma pensioni della Legge di bilancio viene prorogato, piace a Confindustria. Il Direttore dell’area Lavoro, welfare e capitale umano di viale dell’Astronomia, Pierangelo Albini, spiega infatti, come riporta Il Sole 24 Ore, di ritenere il contratto di espansione “lo strumento giusto per gestire le transizioni occupazionali del prossimo biennio se lo si migliora, come il Governo sembra intenzionato a fare, e non lo si riduce ad essere solo cassa integrazione”. Dal suo punto di vista è importante accompagnare le imprese che “assumono precisi impegni sui livelli occupazionali che si avranno al termine del contratto di espansione”. Tania Sacchetti, Segretaria confederale della Cgil, evidenzia invece che il contratto di espansione può essere uno strumento utile “a tre condizioni: che aiuti a uscire chi può andare in pensione, che sia collegato a politiche attive e che favorisca nuove assunzioni, soprattutto di giovani”.
LO SCIVOLO ANTI-LICENZIAMENTI
Sempre il Sole 24 ore conferma la presenza di uno scivolo anti-licenziamenti all’interno della Manovra in discussione nelle commissioni bilancio di Camera e Senato: il Governo valuta l’ingresso di nuovi incentivi a sostegno dello scivolo verso la pensione per quelle grandi aziende che prevedono da un lato nuove assunzioni e dall’altro la possibilità di immettere in “mobilità” altri lavoratori vicini alla pensione. In attesa di una riforma pensionistica ben più struttura, il piano dell’esecutivo è quello di applicare il contratto di espansione alle imprese medio-grandi: per farlo, viene ridotto il limite dimensionale da 1000 a 500 dipendenti, in modo da consentire alla realtà più piccole la possibilità di introdurre lo “scivola” da 5 anni ai dipendenti per poter favorire al meglio il ricambio generazionale dell’organico e ovviamente per non permettere il licenziamento tout court del lavoratore.
RIFORMA PENSIONI, LA PROROGA DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE
Tra le misure di riforma pensioni contenute nella Legge di bilancio c’è anche la proroga di un anno del contratto di espansione, con la possibilità di utilizzarlo anche per le imprese con oltre 500 dipendenti e non più, come attualmente, solamente oltre quota 1.000. Come ricorda Il Sole 24 Ore, secondo la relazione tecnica saranno circa 900 le aziende che potranno utilizzare questo strumento che consente, previo accordo sindacale, l’uscita di lavoratori cui mancano non più di 5 anni per soddisfare i requisiti pensionistici in cambio di nuove assunzioni con una parte di accollo dei costi da parte dello Stato mediante Naspi e ammortizzatori sociali. L’esecutivo potrebbe però potenziare lo strumento facendo scendere la soglia di dipendenti a più di 250, portando così a circa 2.000 le aziende che potrebbero usarlo, oppure aumentando i costi dello scivolo verso la pensione a carico dello Stato o rivedere gli anni di distanza dalla maturazione dei requisiti pensionistici. Vedremo quindi durante l’iter parlamentare della manovra cosa deciderà di fare il Governo.
LE MODIFICHE CHIESTE PER GLI ATTORI
In un’intervista al Corriere della Sera, Alessio Boni spiega l’importanza di creare un registro, non un albo tiene a precisare, degli attori, un’iniziativa importante soprattutto dopo i mesi di lockdown e il difficile periodo che attraversa la categoria, contraddistinta anche da situazioni molto spiacevoli, dato che i criteri stabiliti per poter accedere all’indennità non erano raggiungibili da molti attori. “I criteri che vengono scelti per gestire da parte delle istituzioni la professione dell’attore non corrispondono alla realtà del mestiere”, spiega Boni, facendo l’esempio della pensione: “Per poter prendere una minima, un attore deve lavorare 120 giorni in un anno per venti anni. È un criterio che non ha senso. Perché nemmeno l’attore più in auge riesce a lavorare 120 giorni in un anno”. Vedremo se ci saranno misure di riforma pensioni per correggere queste storture. Intanto la Fondazione studi consulenti del lavoro, rispondendo a una domanda di un lettore del sito di Repubblica all’esperto pensioni, ricorda che l’integrazione al minimo può essere concessa solo a chi risiede in Italia e non ai pensionati all’estero.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SCHIRÒ
Tra le misure di riforma pensioni contenute nella Legge di bilancio c’è anche la proroga di Opzione donna e Angela Schirò ricorda che l’estensione della possibilità “di fruizione alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2020, in luogo del 31 dicembre 2019 attualmente previsto (ed è questa la novità), un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome)” riguarda anche le italiane residenti all’estero. La deputata del Pd eletta all’estero, come riporta Askanews, spiega anche che “l’anzianità contributiva richiesta di 35 anni può essere maturata con il meccanismo della totalizzazione dei periodi contributivi versati sia in Italia che all’estero”.
OPZIONE DONNA ANCHE PER LE ITALIANE ALL’ESTERO
Questo significa, aggiunge Schirò, “che molte delle nostre connazionali residenti all’estero che fanno valere i requisiti richiesti potrebbero diventare titolari di un pro-rata pensionistico italiano anticipato (considerato che l’età pensionistica di vecchiaia italiana è attualmente di 67 anni sia per gli uomini che per le donne)”. Tuttavia, va ricordato che Opzione donna “prevede la possibilità per le lavoratrici di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico a condizione però che esse optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (che potrebbe comportare una riduzione dell’importo pensionistico rispetto al calcolo con il sistema retributivo)” e che ai fini della decorrenza della pensione occorre attendere 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti previsti, che diventano 18 nel caso delle lavoratrici autonome.