Si torna a parlare di riforma del Mes. Esponenti di primo piano del Pd, da Franceschini a Orlando, Renzi (Italia viva), lo stesso ministro Speranza continuano a invocare il Fondo salva-Stati, difendendo, oltre al “Mes sanitario” – la linea (meramente virtuale) di credito pandemico da 36 miliardi – anche la riforma del trattato rimasta ferma all’autunno scorso. M5s però rimane contrario. Secondo quanto riferito ieri da Repubblica, sul Mes si sarebbe verificato un nuovo scontro interno alla compagine di governo e tra le forze che lo sostengono, indebolendo la posizione di Giuseppe Conte, diviso tra il no all’adozione del Mes e il sì alla sua riforma. Una ragione in più per supporre che le manovre centriste di Berlusconi, ben viste dal Pd, tornino utili alla maggioranza anche in chiave Mes: i voti di Forza Italia potrebbero rimpiazzare in Senato quelli contrari di M5s quando il parlamento dovrà pronunciarsi.
Raphael Raduzzi, deputato di M5s, ribadisce al Sussidiario la contrarietà del Movimento 5 Stelle non solo al “Mes sanitario”, ma anche alla riforma del trattato. “I rischi per il nostro Paese sarebbero concreti – spiega Raduzzi –, perché se la Bce decidesse di interrompere l’acquisto di titoli pubblici il Mes riformato diverrebbe l’unico strumento di sostegno finanziario”.
Sul cosiddetto “Mes sanitario” la vostra posizione è no. Il Pd invece ancora preme: perché?
La posizione del M5s è chiara dall’inizio: il Mes presenta forti rischi di condizionalità, mentre i vantaggi sulla spesa per interessi sono risibili, se ci sono. Di recente si era espresso con perplessità sul Mes anche il ministro dell’Economia Gualtieri, insieme ad altri esponenti del Pd. Perché si continui ad insistere per accedere ad una linea di credito pericolosa quando c’è la Bce che compra senza problemi le nostre nuove emissioni di debito, francamente, non lo capisco.
E poi c’è la riforma del trattato, da affrontare in ossequio alla logica di “pacchetto” prevista nell’autunno corso. Che cosa prevede?
Si andrebbe ad irrigidire ancor più l’accesso al Mes, con il rischio concreto di una ristrutturazione preventiva del debito pubblico, e si dividerebbe definitivamente l’Europa fra Paesi di serie A e di serie B. Il tutto per uno strumento che lo stesso presidente dell’Europarlamento Sassoli ha da poco definito anacronistico. La riforma per noi va a peggiorare ulteriormente il trattato originario, che già respingiamo nel contenuto e nella logica di fondo.
Qual è la sua opinione tecnica in merito?
La riforma andrebbe a complicare ulteriormente l’accesso al Mes per i Paesi con parametri di finanza pubblica più alti del consentito, in particolare il rapporto debito/Pil. Se a ciò uniamo l’introduzione di Clausole di azione collettiva (Cacs) Single limb, che consentono di ristrutturare il debito pubblico più facilmente di prima richiedendo un voto solo sul debito complessivo e non anche sulle singole tranches, i rischi per il nostro Paese sarebbero concreti.
Per quale ragione?
Non certo perché ci sia intenzione da parte nostra di accedere al Mes in futuro, ma perché se la Bce decidesse di interrompere l’acquisto di titoli pubblici il Mes riformato diverrebbe l’unico strumento di sostegno finanziario. Sarebbe paradossale, dopo tante promesse sull’Europa che cambia e diventa solidale.
Che cosa farà M5s?
Ci siamo sempre opposti al Mes e continueremo a farlo. Per quanto riguarda la riforma del Meccanismo c’è una risoluzione parlamentare di maggioranza che impone al governo di passare dal Parlamento prima di ogni decisione definitiva ed è il motivo per cui Gualtieri riferirà domani nelle commissioni parlamentari.
La riforma del trattato come cambia la posizione dell’Italia rispetto al ventaglio degli strumenti Ue, dalla Bce al Recovery?
Il punto è proprio questo. Il Mes per noi non è un’opzione e la riforma non va a migliorarlo, ma a renderlo ancora più insidioso. Per noi non cambia nulla. Gli strumenti sono altri, i finanziamenti a fondo perduto del Recovery Fund e soprattutto la Bce, che può impedire qualsiasi tensione finanziaria sul debito pubblico semplicemente comprando sul mercato secondario i titoli degli Stati, come sta facendo ora e farà ancora a lungo.
Forza Italia si è spostata al centro e non è un mistero che il Pd guardi con interesse all’operazione. Può escludere che la pressione sul Mes sia usata da Pd e Berlusconi per accelerare la crisi di M5s?
Non si può escludere. Questa insistenza su uno strumento evidentemente fuori tempo massimo, senza alcun vantaggio per l’Italia e foriero invece di gravi rischi, è inspiegabile dal punto di vista della logica.
(Federico Ferraù)