Il Governo ha incassato il sì allo scostamento di bilancio alla Camera anche con i voti anche del centrodestra, ma nella maggioranza restano tensioni di non facile soluzione. Non solo per le aperture verso Forza Italia non gradite a tutti, ma anche per le divisioni emerse a proposito della riforma del Mes, il destino di Mps e, nuovo e ultimo problema in casa M5s, lo scoop del Riformista riguardo circa due milioni di euro che sarebbero stati versati complessivamente negli ultimi tre anni da Philip Morris, colosso del tabacco, alla Casaleggio Associati. Nell’analizzare la situazione, Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, vuole partire proprio da quest’ultima notizia, «che se corrispondente al vero mostrerebbe che sul Movimento 5 Stelle non ci sarebbe solo un’influenza cinese, ma anche americana, visto che Philip Morris è un colosso a stelle e strisce. In qualche modo si spiegherebbe anche una mossa come quella di favorire la nascita della Commissione von der Leyen, che ha tra i suoi obiettivi anche quelli di evitare che l’Europa sia influenzata da Pechino. Sembrava una scelta opportunistica per essere nelle grazie dell’Ue, anche se i pentastellati restano ostinatamente contrari a misure europee come il Mes sanitario o il Mes vero e proprio».
Alla luce di tutto questo, come vede la situazione della maggioranza?
Nella maggioranza vedo un terremoto. Che è eteroguidato. Come spesso accade, i movimenti politici italiani subiscono un’influenza internazionale. Nell’attuale caso specifico essa è di due tipi: una dall’interno dell’Ue e una dall’esterno dell’Europa. La prima arriva in particolare dalla Francia. La seconda invece è ulteriormente duplice: proviene sia dalla Cina che dagli Usa. Il fatto che ci siano tutte queste interferenze dipende anche dal fatto che in Italia abbiamo un’anomalia rappresentata da una maggioranza che non rappresenta il Paese. Questo fa sì che il sistema sia debole e più soggetto a influenze esterne. Dunque nella maggioranza ci sono notevoli crepe. Sia perché non rappresenta il Paese, sia perché ci sono interferenze straniere.
Proprio ieri il ministro dell’Economia francese Le Maire ha incontrato a Roma Gualtieri e Patuanelli. Secondo lei è un segnale dell’influenza francese di cui parlava poco fa?
Sicuramente. Ormai c’è un’offensiva francese sull’Italia che è evidente e che si esplicita su tre linee convergenti. La prima è quella bancaria. Il nostro Paese sta subendo un’influenza dominante del sistema bancario francese che è pronto ad aumentare ulteriormente la sua presenza con acquisizioni.
Lo stiamo vedendo proprio in questi giorni con l’Opa di Credit Agricole su Creval…
Si tratta di un’Opa definita amichevole, ma che è in realtà ostile, resa possibile dalla riforma delle popolari varata da Renzi che ha costretto Creval a trasformarsi in SpA, diventando così scalabile.
Quali sono le altre due linee dell’offensiva francese nel nostro Paese?
La prima è l’evidente tentativo di essere presenti nel settore strategico delle telecomunicazioni, dove l’Italia sta tra l’altro portando avanti il progetto di rete unica. Vivendi resta infatti l’azionista di riferimento di Tim che potrebbe avere la maggioranza dell’infrastruttura. La seconda è la continua acquisizione di realtà industriali del nostro Paese. Dopo essersi presi importanti società dell’agroalimentare e della moda, ora i francesi si sono presi anche l’automotive. E continueranno a ostacolare Eni nel Mediterraneo per favorire Total.
Si parla anche di allargare la maggioranza a Forza Italia. Cosa ne pensa?
Anzitutto va detto che il voto favorevole allo scostamento di bilancio è stato un segnale di responsabilità di tutto il centrodestra perché così si è evitato un possibile problema contabile in un momento delicato come quello attuale. Per il resto c’è da dire che paradossalmente una mossa difensiva attuata da Berlusconi per tutelare Mediaset si è tramutata inconsapevolmente, data la debolezza della maggioranza, nella possibilità che Forza Italia possa stabilmente sostenere il Governo. Non so se questo allargamento della maggioranza potrà realmente concretizzarsi. Di certo aiuterebbe il Pd, visto che i 5 Stelle sono diventati ingovernabili, e gli altri alleati come Italia Viva e LeU che vogliono ricorrere al Mes. Berlusconi, però, potrebbe accettare solo in cambio della garanzia di avere un ruolo non da socio minore. Non si prospetta quindi come un’operazione semplice.
Chi rischia di più in questa situazione è Conte?
È chiaro che Conte è in grande difficoltà. Da un lato perché non può più contare sul gruppo compatto di M5s. Dall’altro perché la ricerca del compromesso, che ha contraddistinto la sua azione, diventa sempre più difficile. Non è facile prevedere cosa potrà accadere, perché finora a tenere insieme la maggioranza è stata la volontà di scegliere il prossimo presidente della Repubblica e spartirsi incarichi e poltrone, oltre che indirizzare le ingenti risorse del Recovery fund, anche se quest’ultimo non è un obiettivo semplice da raggiungere stante il controllo che ci sarà da parte della Commissione europea.
(Lorenzo Torrisi)