RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI RIZZO
Negli ultimi giorni si è tornati a parlare di Mes e riforma pensioni. C’è la convinzione, non solo nell’opposizione, che con il Meccanismo europeo di salvataggio al nostro Paese possano essere imposte misure draconiane sulla previdenza. Anche Marco Rizzo è di quest’avviso e lo ha detto con parole piuttosto forti nel corso di un breve intervento su Radio Radio, dove ha in primo luogo voluto spiegare che il Governo non cadrà perché i parlamentari del Movimento 5 Stelle faranno di tutto per evitare il ritorno al voto che si tradurrebbe per loro nella perdita del seggio. Il Segretario generale del Partito Comunista ha però anche evidenziato che il Mes, il Recovery fund e gli altri strumenti europei hanno in comune delle condizionalità che si traducono concretamente in penalizzazioni molto forti per i cittadini, specie quelli meno abbienti. In particolare perché l’Ue, tra le altre cose, imporrà misure di riforma pensioni, e considerando che occorreranno grandi cifre si andranno a colpire quelle più numerose, cioè sotto i 1.000 euro. Per Rizzo tali pensioni sono da considerare a rischio.
NIENTE DOPPIA RIVALUTAZIONE PER FONDO ELETTRICI
Come ricorda pensionioggi.it, una sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che “gli iscritti al fondo elettrici che abbiano optato per la prosecuzione dell’attività lavorativa oltre l’età pensionabile ai sensi della legge 407/1990 non hanno diritto alla rivalutazione della retribuzione pensionabile ai sensi del dlgs n. 503/1992 se alla data di opzione hanno raggiunto la massima anzianità contributiva valorizzabile secondo le regole del Fondo (35 anni, poi aumentata a 40 anni)”. Lo stesso sito specializzato in notizie previdenziali ricorda altresì che, in base a quanto comunicato dall’Inps “i lavoratori autonomi avranno tempo sino al 10 dicembre 2020 per comunicare all’Inps i redditi da lavoro conseguiti lo scorso anno oggetto del divieto parziale di cumulo con le prestazioni pensionistiche”. Intanto quotidianodipuglia.it riporta la segnalazione di alcuni sindacalisti della provincia di Lecce, secondo cui presso alcuni uffici postali, a causa di problemi nelle forniture, i pagamenti delle pensioni in contanti talvolta avvengono parzialmente oppure non possono essere effettuati.
RAPPORTO COSE SUI SISTEMI PENSIONI IN EPOCA COVID
Nel rapporto “Pensions Outlook 2020” l’Ocse lancia l’allarme sui sistemi delle pensioni in Italia e non solo, a fronte dell’emergenza Covid-19: in attesa di una riforma strutturata per il prossimo anno, l’allarme per un futuro tutt’altro che roseo viene sottolineato dal rapporto 2020. «Il Covid-19 ha inferto uno shock senza precedenti al mercato del lavoro e ai regimi previdenziali nel mondo. I Governi hanno reagito rapidamente per contrastare molti dei problemi che ne sono conseguiti», scrive nel report Ocse il direttore della divisione Lavoro e Affari Sociali, Stefano Scarpetta. I decisori dei Governi, secondo l’Ocse, «devono trovare un equilibrio tra il fornire sostegno nel breve termine ed evitare conseguenze potenzialmente negative nel lungo termine. L’accumulo di nuovo debito, tra l’altro, aggiungera’ pressione alle finanze pubbliche, gia’ sotto stress in materia di pensioni a causa dei cambiamenti demografici, quali l’invecchiamento della popolazione e l’allungamento della vita media, in un contesto di bassa crescita economica, bassi salari e bassi tassi d’interesse». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, GOVERNO PUNTA A RIDURRE NUMERO ESUBERI
Secondo quanto scrive Repubblica, nel Governo è scattato l’allarme sull’occupazione, visto che l’anno prossimo, con la fine del blocco dei licenziamenti e della proroga della cassa integrazione, c’è il rischio che molte persone perdano il proprio posto di lavoro. Addirittura si ipotizza un milione di esuberi. L’esecutivo potrebbe cercare di tamponare parte di questa emergenza sociale con misure di riforma pensioni. “Immaginare il dopo Quota 100 non è più l’impellenza. Bisogna ora concentrarsi sull’ondata di prepensionamenti in arrivo”, scrive il quotidiano romano, evidenziando che “sindacati e imprese chiedono di allargare il contratto di espansione, incentivato dallo Stato, anche alle aziende di medie dimensioni, con almeno 250 dipendenti: fuori gli ‘anziani’, dentro i giovani. Di renderlo possibile anche a 7 anni e non 5 dalla pensione. E di agganciarlo all’assegno di ricollocazione, da rendere obbligatorio, per chi – cinquantenne – in pensione non ci può andare”. Tuttavia, è l’amara considerazione finale, “un piano strutturale, quello ancora non c’è”.
I CONTRIBUTI NON DEDOTTI DA COMUNICARE
Come ricorda il sito di Ipsoa, entro il 31 dicembre “l’iscritto al fondo pensione o ai piani individuali pensionistici deve comunicare i contributi non dedotti nel 2019. Si tratta dei contributi versati dall’azienda e dal lavoratore nell’anno al Fondo e che eccedono il limite della deducibilità dal reddito complessivo di 5.164,57 euro”. Viene anche ricordato che “i lavoratori alla prima occupazione possono dedurre i contributi versati nel fondo pensione fino a 7.746,86 euro annui”. Tramite la comunicazione dei contributi non dedotti, l’iscritto al fondo o ai Pip potrà recuperare “al momento della percezione della prestazione finale, il beneficio fiscale non fruito”. L’Inps ha intanto avviato, come ricorda pensionioggi.it, “la rilevazione delle retribuzioni medie provinciali per gli operai a tempo determinato e a tempo indeterminato, occupati nei vari settori in cui si articola l’attività del comparto agricolo”. Si tratta di un dato importante che viene poi utilizzato “ai fini del calcolo dei contributi e della definizione della misura delle pensioni dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni”.
RIFORMA PENSIONI, LA SENTENZA DELLA CONSULTA
Come si ricorderà, la Corte Costituzionale si è recentemente pronunciata sul contributo di solidarietà sulle pensioni più alte approvato tra le misure di riforma pensioni del Governo Conte-1, stabilendo soltanto che non potesse durare più di tre anni. La Consulta, come spiega grandangoloagrigento.it, si è anche espresse recentemente sul tetto alle pensioni d’oro degli ex dirigenti della Regione Siciliana posto a 160.000 euro, dopo essere stata chiamata in causa dalla Corte dei conti siciliana su ricorso di un ex dirigente regionale. “Il sacrificio imposto ai pensionati dell’amministrazione regionale, destinatari di un trattamento complessivamente favorevole, risulta sostenibile e rispettoso delle garanzie di proporzionalità e di adeguatezza sancite dagli articoli 36 e 38 Costituzione”, è stato il verdetto della Consulta.
LA VALIDITÀ DEL TETTO ALLE PENSIONI D’ORO
Dunque il tetto è stato ritenuto valido, anche perché “la disciplina siciliana non soltanto è assistita da una congrua giustificazione, legata alla salvaguardia dell’equilibrio del sistema previdenziale regionale e della razionalità e dell’efficienza della gestione demandata al Fondo pensioni Sicilia, ma non implica neppure una riduzione sproporzionata e definitiva del trattamento pensionistico”, come spiegato dai giudici costituzionali. C’è anche da evidenziare che la misura è stata applicata fino alla fine dell’anno scorso. In caso di bocciatura da parte della Consulta era facile immaginare che si sarebbe dovuto provvedere a recuperare tutte le somme che non erano state versate dalla Regione Siciliana, con non poche conseguenze contabili.