Il 3 dicembre si è tenuto l’ultimo dei webinar “Percorsi e strumenti Invalsi” dedicato alle prove di italiano. Invalsi ha inaugurato, a partire dall’estate scorsa, un’intensa attività di webinar che permette di tenersi in contatto con le scuole, nonostante la sospensione delle prove di primavera 2020.
I filoni finora sono tre. Il primo filone è di carattere metodologico – temi fin qui toccati il campionamento e l’analisi delle prove problem solving somministrate con il pc (Cbt); in prospettiva possibile punto di riferimento per la formazione e l’aggiornamento di giovani ricercatori italiani del settore, certo non attentamente coltivati dall’accademia italiana, che mostra poco interesse per la valutazione degli apprendimenti e si limita a battere le vecchie strade della pedagogia parenetica.
Il secondo è quello delle aree disciplinari oggetto delle prove: 4 incontri sulla matematica a partire da quello dell’11 ottobre sui temi della probabilità, fino a quello del 2 dicembre sui temi della geometria, 2 sui quadri di riferimento dell’inglese e da ultimo 2 sull’area dell’italiano, a partire appunto da quello del 3 dicembre. Tutte centrate sulla illustrazione dei presupposti teorici e sull’analisi di alcune prove significative. Un buon successo: da 3mila a 5mila presenti a ciascun webinar fra Zoom e Youtube.
Su InvalsiOpen sono visibili tutti i web, insieme ad altri che mirano ad offrire uno strumento di formazione e di confronto attraverso prove che vengono definite “formative”, che cioè non hanno alcuna finalità di valutazione sommativa comparata. Si parte da dove si vuole arrivare; così forse è più facile non smarrirsi per strada. In realtà i corsi di formazione hanno un’incidenza limitata sulla reale attività che avviene all’interno delle aule, mentre la spina dorsale ne è da sempre rappresentata dai libri di testo, insieme alla formazione universitaria ricevuta. D’altro canto il vero mestiere dell’insegnante non è quello del ricercatore né dell’epistemologo ma, sulla base di una buona cultura anche metodologica, quello di essere un tramite efficace fra il mondo del sapere che rappresenta e gli allievi che ha davanti, orientandoli soprattutto a saperlo utilizzare in relazione con le proprie peculiarità. E ce ne è d’avanzo…
Alla fine dunque, dopo la matematica e l’inglese, è arrivato anche l’italiano. Si sa che non c’è nulla di più spinoso delle prove di lingua madre. Perché, in realtà, gli insegnanti di italiano in Italia non sono solo e semplicemente insegnanti della lingua autoctona, ma, in forza degli accoppiamenti disciplinari con materie che rappresentano contenuti culturali, lo sono anche di varia umanità.
Ed in questi ultimi decenni si è verificato un curioso rovesciamento. L’area professionale degli insegnanti di humanities che è stata nei decenni del dopoguerra la più innovativa, la più disponibile al cambiamento anche in senso “progressivo” sembra essersi arroccata su posizioni conservative, paga dell’egemonia raggiunta fra le mura in quanto presunta custode e vestale della cultura vera, quella umanistica: Gentile spopola un secolo dopo. Però fuori il mondo è stato rivoluzionato dalla scienza e dalla tecnica, che diventano il vessillo non di un tipo diverso ma complementare di cultura, ma della strumentalità consumistica, che naturalmente espugna i cuori e le menti delle giovani generazioni, sulla pelle delle quali, in maggioranza, le humanities scivolano come olio sull’acqua. Si pensi all’infelice destino della storia, le cui sole speranze di prestigio ed interesse stanno nelle mani – capaci, per carità – di Alessandro Barbero.
In nessuna parte del mondo le prove standardizzate esterne sono state accolte dagli insegnanti con entusiasmo, soprattutto evidentemente quando sono high stakes; in Italia sono low(est) stakes, cioè senza conseguenze significative, ma dopo 13 anni molti sembrano non essere rassegnati. Su Facebook recentemente un insegnante ha chiaramente dichiarato ciò che già si supponeva, cioè che i 5 Stelle sono stati plebiscitati – soprattutto in certe aree del paese – per sbarazzarsi dell’Invalsi, e che dunque facessero il piacere…
Tuttavia l’ottimo seguito di ognuno dei webinar ha dimostrato che, come per tutte le attività umane, esiste anche un settore interessato e che sostiene Invalsi, vedendolo come una sfida legata alla dignità ed al prestigio della professione oltre che naturalmente come un aiuto ed un riferimento.
Non è il caso di nascondersi che l’area delle prove di italiano è particolarmente delicata. Si comincia dalla scelta dei testi, non solo per il loro livello di difficolta, la loro tipologia (letteratura?quanta?), ma anche per i loro stessi contenuti. C’è poi l’aspetto di discrezionalità della scelta delle risposte corrette, che nei testi letterari, per natura plurisenso se non ambigui, può dare luogo ad interpretazioni diverse. Per non dire del diverso peso che, in diversi ambienti sociali e culturali, nel corso del tempo si è data e si dà all’importanza della normatività linguistica, con la conseguente accettazione più o meno entusiasta di attribuirle una parte nelle prove e perciò nella valutazione complessiva. Si parla tanto del congiuntivo, ma c’è molto altro: basta accendere un video per accorgersi che l’area attualmente più bombardata sembra essere quella delle infelici preposizioni, che o spariscono o vengono del tutto stravolte dai dialettismi o dalle importazioni dall’inglese.