Tra Recovery Fund, Manovra e Mes la politica sembra in pochissimi giorni avere quasi “dimenticato” tutte le discussioni, scontri e dubbi emersi solo qualche giorno fa in merito all’ennesimo Dpcm firmato dal Presidente Conte: e invece c’è chi su quel decreto “potenziato” in vista delle feste di Natale non intende transigere, come Roberto Calderoli. «Dpcm sono incostituzionali, parli ora la Consulta», è il messaggio mandato dallo storico esponente della Lega, oggi vicepresidente del Senato, nella sua intervista a La Verità. «Le libertà costituzionali possono essere com- presse solo con una norma di rango costituzionale. Conte invece le ha limitate con un atto amministrativo, cioè una norma di rango secondario, contro la quale esistono solo i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato», attacca ancora Calderoli trattando il tema sempre molto complesso di libertà personali e sicurezza sanitaria, difficili da mantenere entrambi in periodo di emergenza pandemica.
L’ATTACCO DI CALDEROLI A GOVERNO E CTS
Per Calderoli l’ultimo potenziamento del Dpcm attuato da Conte con il Decreto Natale è qualcosa di molto grave: «Ha allungato da 30 a 50 giorni gli effetti del decreto. Significa che ci aspetta una sfilza di Dpcm che dureranno 50 giorni?». Se è vero che nell’ultimo Rapporto Censis gli italiani si dicono tutt’altro che contrari alle restrizioni in favore della sicurezza anti-Covid, il senatore leghista replica che le ultime restrizioni sul natale difficilmente saranno accettate serenamente dai cittadini: «è comunque qualcosa di totalmente incostituzionale e cercheremo di portare la questione alla Consulta». Un ricorso contro il “potenziamento” del Dpcm è dunque pronto in rampa di lancio nella Lega, nei giorni molto caotici per il tema cruciale del Mes: «Caporetto per il Governo? Temo che riusciranno a metteranno insieme una maggioranza semplice, il tanto che basta per scamparla». Ultimo attacco di Calderoli al Governo viene “riservato” al nodo dei verbali Cts, sbandierati mesi fa come finalmente «trasparenti» a tutti a livello pubblico, ma ancora secretati a fine 2020: «serve battaglia per la trasparenza», conclude il leghista, «quando va bene, vengono resi disponibili 45 giorni dopo. E nemmeno tutti. Io voglio capire sulla base di che dati e pareri vengono prese certe decisioni. E se non rispondono, le garantisco che anche su questo li porto – come Lega, li portiamo – in Corte costituzionale». Calderoli contesta che le carte non vengano rese pubbliche e consultabili, ma intanto il Dpcm viene varato e sulla base di documenti poi resi noti – non tutti – dopo solo 45 giorni: «Finora si sono limitati alle informative, o a dei voti su indicazioni generiche. Votiamo risoluzioni sul nulla. E poi ci ritroviamo direttamente il decreto bell’e fatto».