Due settimane fa, commentando sul Sussidiario un sondaggio di Noto sulle prossime elezioni amministrative di Milano, abbiamo concluso che Sala doveva al più presto sciogliere ogni riserva e candidarsi. Siamo stati subito accontentati. Il sindaco ha scelto il giorno dell’anno più significativo per Milano per annunciare la sua ricandidatura. Il 7 dicembre è Sant’Ambrogio, il patrono della città, è il giorno della prima della Scala, che anche se in streaming ha ricordato a tutto il Paese il peso culturale di Milano, e poi c’è la consegna degli “ambrogini” in Comune, uno dei rari momenti in cui la città si ritrova unita.
Farlo poi con un asciutto video di 4 minuti e 53 secondi postato su Instagram ha rimarcato – se ce ne fosse bisogno – la sua “milanesità”. Sala ha precisato di aver voluto verificare “di essere totalmente sicuro di avere le energie fisiche e mentali per garanti altri 5 anni di duro lavoro alla città”, e solo dopo ha sciolto ogni riserva. Se 5 anni fa fu chiesto a Sala, fresco protagonista del successo di Expo, di guidare la coalizione di centrosinistra, oggi è Sala che, rivolgendosi direttamente ai milanesi, chiede altro tempo per poter continuare a fare il lavoro che manca: “È un fatto che Milano ha avuto in questi anni un poderoso sviluppo”, ha sottolinea il sindaco, ma se si candida è per “avviare una nuova fase”.
Sala risolve così senza neanche farla iniziare la lotta per la sua successione. Troppo deboli tutti gli aspiranti candidati, cresciuti all’ombra del sindaco e che governano – senza infamia e senza lode – da anni la città. La prossima squadra, se Sala sarà confermato, dovrà essere ampiamente rimaneggiata, servono novità per Milano dopo il duro colpo della pandemia.
Ma la scelta di Sala rimanda anche ad alcune questioni di ordine più generale e non si può prescindere dal leggerla alla luce della situazione politica nazionale. Anticipando a ieri la sua decisione il sindaco meneghino ha tolto dalla scacchiera nazionale su cui si gioca l’accordo Pd-M5s la “regina” Milano. Intanto lo ha fatto perché è molto probabile che per le prossime amministrative intenda confermare la coalizione che lo ha eletto 5 anni fa. Non vuole inseguire il Movimento in questa fase, nonostante gli ottimi rapporti personali con il suo fondatore. Evidentemente preferisce chiedere il supporto di quella variegata area moderata e riformista di centro (da Calenda a Italia Viva, da +Europa ai tanti ex socialisti in uscita da Forza Italia) che anche se non conta su numeri significativi a livello nazionale, a Milano può mobilitare una parte rilevante – più o meno il 10% – dell’elettorato di opinione. Questi voti sono utilissimi soprattutto al primo turno, e la speranza di Sala è di non dover giungere come 5 anni fa al ballottaggio. Solo in quel caso sarebbe legittimato a chiedere di schierare le truppe pentastellate.
La verità è anche un’altra. L’assenza di una regia nazionale. Da mesi si parla di un tavolo unitario per preparare le amministrative, di cui però non si ha traccia. Si è detto che bisognava attendere l’esito degli Stati generali dei 5 Stelle. Ma l’assise, come sappiamo, non ha risolto né i problemi di linea né quelli di leadership. A Roma la situazione si sta incancrenendo, tra la Raggi che non demorde e Calenda che non decolla. Sembra che più di un sondaggio indichi come unico candidato in grado di vincere nella capitale Zingaretti. Che ovviamente li nasconde. Anche a Torino non si fanno significativi passi in avanti. E poi c’è Bologna, dove il Pd ha già il suo candidato. Resta solo Napoli, dove una candidatura di Fico metterebbe tutti d’accordo. Ma il presidente della Camera è davvero disposto a lasciare il suo incarico per affrontare la drammatica situazione – non solo economica e finanziaria – della Napoli post-Covid?
Sala ha fatto la scelta tipica della politica milanese. “A Milano ci pensiamo noi, per il resto fate come vi pare”, sembra aver detto al resto del centrosinistra. Sospiro di sollievo? In genere il gruppo dirigente del centrosinistra non è in grado di progettare il proprio futuro né quello dei suoi uomini migliori: Sala poteva essere una pedina importante sia per rafforzare un nuovo Governo che per la complessa partita del Recovery fund. Lasciarlo al comando del suo fortino probabilmente non serve a nessuno. Paradossalmente neanche al ruolo che Milano dovrebbe riprendersi nella politica nazionale, dopo Craxi, dopo Berlusconi.