Grazie alla storia di Steve Thompson si torna ad accendere i riflettori sulla demenza precoce nel rugby. Il 42enne, campione del mondo 2003 con l’Inghilterra, è l’ultimo di una lunga serie di rugbisti colpiti da malattie degenerative, per la precisione una forma di demenza precoce con probabile encefalopatia traumatica cronica (Cte). Il tallonatore ha rivelato ai microfoni della stampa inglese di non aver ricordato di aver preso parte alla finale della coppa del mondo, ma anche di essersi scordato il nome della moglie. Ora qualcosa può cambiare, come spiegato da Il Messaggero: Thompson e altri 70 giocatori hanno deciso di intentare causa contro World Rugby, fede rugby inglese e fede rugby gallese per non essere riusciti a fronteggiare i rischi legati alle commozioni cerebrali.
Demenza precoce nel rugby: “CTE causata da colpi alla testa”
Non è certamente la prima volta che si parla di demenza precoce nel rugby. Nel corso degli ultimi anni diversi esperti hanno accostato la CTE ai colpi alla testa, molto comuni nel rugby. Ma si tratta di una sindrome riscontrata anche in ex-praticanti di altri sport di contatto, come pugilato, hockey su ghiaccio, rugby, wrestling e arti marziali miste. In attesa di novità sulla causa che Thompson e colleghi sono pronti a intentare contro i vertici del loro sport, è d’obbligo ricordare la ricerca dell’ottobre 2019 pubblicata sul New England Journal of medicine: lo studio aveva acceso i riflettori circa i maggiori rischi di mortalità causati da malattie neurodegenerative e il rischio di demenza per i calciatori. Una ricerca che ha fatto scattare l’allarme, tanto che la Federcalcio scozzese ha vietato i colpi di testa – anche qui molto comuni – per gli Under 12.