Sono stati da poco resi noti i risultati della fase tre, l’ultima della sperimentazione del vaccino Pfizer-BionTech, attesissimi dalla comunità scientifica. Gli esiti dimostrano che il vaccino contro il Covid sviluppato da Pfizer e BionTech in meno di un anno conferma la sua sicurezza ed efficacia al 95%, con dettagli che superano anche le migliori aspettative. Li spieghiamo con Massimo Clementi, professore ordinario di microbiologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e primario, presso la stessa struttura, del laboratorio di microbiologia e virologia. Dati entusiasmanti, che rendono immotivato (e anche preoccupante) ogni scetticismo, secondo Clementi. Che richiama anche alla necessità di lavorare ora sugli anticorpi monoclonali. Uno strumento che potrebbe rivelarsi prezioso, oltre che come cura, per l’immunoprofilassi in quei soggetti per i quali si deciderà, almeno nell’immediato, di non procedere alla vaccinazione.
Professore, finalmente è disponibile il dossier finale sul vaccino Pfizer-BionTech. Lo ha visto?
L’ho ricevuto e i risultati sono veramente molto confortanti. Non ci sono più soggetti infettati dopo il decimo giorno. Questi vaccini prevedono una somministrazione in due dosi, con un richiamo dopo circa 21 giorni dalla prima somministrazione. Lo studio però dimostra che già la prima dose dà una copertura pressoché totale dopo il decimo giorno. Dieci giorni vuol dire il tempo necessario perché si sviluppino gli anticorpi specifici.
Un esito al di sopra delle aspettative?
Quello che ho appena spiegato è un dato entusiasmante, che si aggiunge alla copertura elevatissima al 95% che i due vaccini avevano già dimostrato di avere. È importante che sia sottolineato.
Perché?
Mi preoccupo di un certo scetticismo diffuso e del fatto che la gente comprenda che si tratta di un vaccino molto sicuro. L’Rna ha questa caratteristica: si distrugge subito, tant’è che dobbiamo conservarlo a basse temperature. È incapsulato in una vescicola lipidica, che serve a portarlo all’interno della cellula, una volta iniettato arriva nella cellula e può fare il suo lavoro: fa fare la proteina al ribosoma e poi si distrugge, quindi non c’è nessun pericolo di tossicità a lungo termine. Come per tutti i vaccini, può dare solo qualche problema nei soggetti con tendenza allergica.
In che modo?
Siccome i vaccini stimolano la risposta immunitaria, chi è allergico potrebbe rispondere in maniera esagerata o non precisa. Però c’è un altro aspetto a mio avviso importante che va sottolineato.
Quale?
Dovremmo avere accanto a questo vaccino anche la disponibilità degli anticorpi monoclonali. Potrebbero essere sia un buon viatico nel momento in cui non ancora abbiamo vaccinato tutte le persone che pensiamo di vaccinare, sia una soluzione per quei soggetti, come appunto le persone con una significativa storia di allergie, che decidiamo di non vaccinare. Per questi potremmo avere con gli anticorpi monoclonali un farmaco per la profilassi. Hanno un’emivita piuttosto lunga, un’iniezione di anticorpi monoclonali dura in circolo almeno un mese e mezzo, quindi può proteggere una persona anche se non la vacciniamo.
Sono gli stessi anticorpi che sono stati usati in alcune cure contro il Covid?
Sì, non è un vaccino, si stimolano gli stessi anticorpi che vengono stimolati dalla vaccinazione. Questi anticorpi possono essere somministrati sia per curare sia per prevenire. In questo caso non li usiamo per curare ma ai fini di quella che in gergo medico si chiama “immunoprofilassi passiva”. Sarebbe importante averli, io lo sto chiedendo a gran voce da giorni. Negli Stati Uniti c’è stata l’approvazione da parte della Fda da tre settimane, li stanno utilizzando, in Europa questa approvazione tarda.
E non se ne parla molto.
Se ne parla troppo poco.
Si parla tanto di terza ondata e non si parla dell’impatto positivo cha avranno i vaccini.
Bisognerebbe concentrarsi e lavorare sulla seconda ondata infatti. Le misure prese dal nostro governo in questa seconda ondata sono state veramente efficaci, vediamo una diminuzione, stiamo cercando di riportare sotto controllo l’epidemia e ci stiamo lentamente riuscendo. La possibilità che ci sia una terza ondata va combattuta, non evocata, dovremmo cercare di arrivare alla disponibilità della vaccinazione per il famoso 70% della popolazione (la percentuale che garantirebbe l’immunità di gregge, ndr) col minimo dei danni possibili.
La somministrazione del vaccino potrà impattare positivamente sulla gestione clinica dei malati e delle terapie intensive?
Sì, ma dipenderà dalla velocità con cui riusciremo ad organizzarci. In Uk sono stati coraggiosi, hanno preso il toro per le corna e sono partiti per primi, probabilmente ne avranno i benefici per primi.
Perché l’Italia continua a essere il primo Paese per mortalità in Europa e fra i primi nel mondo?
La mortalità credo abbia spiegazioni diverse, sono almeno tre i fattori. In primo luogo siamo fra i Paesi più longevi del mondo, insieme al Giappone. In secondo logo da noi vige il sistema delle Rsa, un sistema che ha funzionato moltissimo nella gestione degli anziani ma la vita in comunità in questa fase ha prestato il fianco all’epidemia. E questo può essere stato un altro problema.
L’ultimo fattore?
Può darsi che anche la genetica abbia un ruolo, che alcune popolazioni abbiano una suscettibilità superiore alle altre a sviluppare infezioni gravi. Direi che i fattori sono questi tre, in questo ordine di priorità.
Si è parlato inizialmente anche del fattore inquinamento.
Se ne è parlato anche per gli Stati Uniti, ma, quando hanno visto che a New York s’infettavano come in California e negli stati poco densamente popolati del Centro America, hanno capito che non era quello il fattore dirimente.
(Emanuela Giacca)