E così le elezioni svoltesi domenica 6 dicembre in Venezuela per l’Assemblea Nazionale, quindi quelle legislative, hanno messo totalmente a nudo la situazione che già tutto il mondo conosceva del Paese caraibico, tranne ovviamente i soliti radical chic che si definiscono progressisti, ma che ormai da molto tempo appoggiano regimi che con il progresso hanno ben poco a che fare.
Questa volta però, a parte la mancata partecipazione dell’opposizione alla tornata elettorale, si sono verificati fatti importantissimi che hanno messo completamente a nudo un potere tra i più crudeli al mondo che, nonostante fosse a conoscenza del risultato scontato delle votazioni (che alla fine con l’astensione dell’80% dei votanti hanno registrato il “successo” del partito al potere – il socialista Psuv – con il 67% dei suffragi) ,aveva messo in marcia una vera e propria strategia del terrore, minacciando addirittura di togliere i sussidi statali a chi non si fosse presentato alle urne: “Chi non vota il 6 dicembre non mangia!”, ha tuonato Diosdado Cabello, il numero due del regime. Un regime che, solo da quando Nicolas Maduro ne è Presidente, ossia dal 2013, secondo l’Organizzazione degli Stati Americani ha collezionato 18.093 delitti giudiziali realizzati da forze di sicurezza dello Stato o paramilitari, 15.501 casi di detenzione arbitraria, 724 casi di sparizione forzata (tra il 2018 e il 2019) e 653 casi documentati di tortura. Ma non solo questo è il terribile panorama: stupri e violenza sessuale sono state trasformate in armi a disposizione di questo regime, anche come metodo di tortura e specialmente alle frontiere del Paese si trovano veri e propri campi di concentramento nei quali le violenze vengono effettuate.
Ma tant’è, nonostante questo panorama ormai definitosi da anni e che ha sempre contraddistinto il chavismo in generale, in cui Maduro ha vieppiù estremizzato la situazione, la gran parte della popolazione con la sua astensione al voto ha mandato un segnale molto forte che il potere sta soffrendo come non mai.
La raffica delle nazioni che nei loro comunicati ha respinto non solo il risultato ma pure l’effettuazione di elezioni che già si annunciavano fraudolente ha scosso in maniera notevole una situazione che, anche a livello internazionale, era rimasta ferma da anni: difatti, nonostante i vari proclami di Organizzazioni internazionali ai quali si è finalmente accodata una Onu che fino a quel momento aveva fatto orecchie da mercante, si era verificato uno stallo politico di cui aveva approfittato Maduro per ribadire il suo potere. In poche parole tutti sanno benissimo da sempre in cosa consiste la situazione politica, sociale ed economica di una delle nazioni più ricche della Terra, ma nessuno è andato mai più in là di proteste o embarghi che poi spesso non sono stati rispettati alla lettera. Ma ora si è arrivati all’assurdo che il Venezuela, uno dei maggiori produttori petroliferi del mondo, sia costretto a chiedere l’oro nero all’Iran per poter sopravvivere, e questo è il segnale che la crisi sta arrivando a bloccare definitivamente il potere: in questo quadro le elezioni legislative appena trascorse erano importantissime perché proprio l’Assemblea Nacional, di fatto il Parlamento unicamerale che è l’unica legittima istituzione controllata dall’opposizione dalle ultime elezioni legislative del 2015, aveva posto fine a quindici anni di egemonia chavista, dal 1999 al 2013. Il potere dell’Assemblea nazionale venezuelana era però ormai solo simbolico, perché tutte le sue decisioni sono ribaltate dalla Corte Suprema, controllata da Maduro.
Dopo un altro scrutinio contestato e boicottato dall’opposizione nel 2017, è stata l’Assemblea Costituente a sostituire di fatto l’Assemblea Nazionale. Tuttavia, questa nuova entità è composta quasi interamente da esponenti chavisti. Con un voto massivo il 6 dicembre si sarebbe di fatto chiuso il cerchio sul potere in Venezuela. Invece il risultato, o almeno il non risultato, ottenuto con un’infima partecipazione elettorale ha finalmente inviato un segnale di luce nel tunnel che il Paese sta attraversando da 20 anni: ora Maduro sa perfettamente che non può affatto governare una situazione da lui stesso creata.
A questo punto esistono due soluzioni possibili: che finalmente il “Presidente” si faccia da parte e si proceda rapidamente alla restaurazione di una democrazia nel Paese, permettendo al dittatore e al suo clan un esilio dorato oppure che la situazione esploda improvvisamente. Per questo a livello internazionale servono interventi che possano dare un segnale forte per risolvere la questione, ma bisogna sempre considerare le immense ricchezze del Paese, il cui controllo è gestito da Russia e Cina, alleati del regime, poco propensi a perdere risorse economiche per loro importanti.