L’impresa di Draghi

L'unica voce sensata che si alza in questo momento di crisi è quella di Mario Draghi. Peccato che nessuno lo ascolti

Nel rapporto sull’economia globale in tempo di pandemia – co-curato per il G30 assieme all’ex governatore della Bank of India, Raghuram Rajan – Mario Draghi mostra di non deflettere dalla sua personale impresa di former president della Bce: ricordare a tutti i concittadini del pianeta – fra cui i suoi compatrioti italiani – che il contagio più insidioso del Covid è quello economico, anzi verso una civiltà che mantiene al suo centro l’impresa e il lavoro.

Non pesa solo il contraccolpo recessivo, intrecciato all’emergenza sanitaria e già visibilissimo: già chiaramente previsto da Mario Draghi in marzo in un fondamentale intervento sul Financial Times. Alcuni mesi dopo – in uno scenario socio-economico fors’anche più complesso – è sempre più evidente una certa crisi di lucidità dei governi nell’impostare la exit strategy economica dalla pandemia. Già in marzo Draghi non aveva mostrato dubbi: gli Stati avrebbero dovuto essere tempestivi e decisi nell’indebitarsi per far fronte alla paurosa caduta di prodotto e reddito causata dai lockdown. Ma nella visione del banchiere era subito urgente la necessità di non perdere di vista il rilancio delle imprese nel medio periodo, a fianco dell’obbligo forzato di sussidiare una larga porzione di famiglie messe in ginocchio dalla pandemia. Ed è in questa prospettiva che Draghi ha ritenuto già alla fine dell’estate di rinnovare un richiamo fermo.

La distinzione strategica fra “debito buono” e “debito cattivo” – delineata all’ultimo Meeting di Rimini – ha fatto subito il giro del mondo. E se è stato il primo appello di Draghi a smuovere la Ue nel progettare il Recovery Plan – è stato l’appello di Rimini a ispirare la complessa fase di messa a punto politico-finanziaria dell’iniziativa (e se ne è avuta subito eco anche nei primi aggiustamenti di rotta preannunciati dal neo-presidente americano Joe Biden). Dunque: combattere il virus con una campagna di vaccinazione globale senza precedenti non può essere alternativo alla ristrutturazione dei sistemi sanitari, meglio se a livello sovranazionale. Sostenere coloro che hanno perduto un lavoro (dipendente o autonomo) non può essere momenti a se’  rispetto alla creazione di nuove condizioni di lavoro e imprenditorialità. La selezione competitiva brutalmente imposta dalla pandemia su tutti i mercati, non va lasciata a se stessa, può essere anzi pilotata.

Vi sono imprese che mantengono valore: di dinamismo, di competenze, di occupazione, di presenza sul mercato. Qui il rapporto Draghi-Raghuram è particolarmente esplicito: è inaccettabile lasciarle stritolare come “insolventi, in bancarotta” come da una spirale perversa di burocrazia e inefficienza, fra stati e sistemi bancari. Il “manifesto” di marzo era stato puntuale nell’assegnare subito ai network creditizi un ruolo delicatissimo di rifinanziamento capillare dell’economia. E in agosto Draghi ha sicuramente tenuto fuori dal “debito cattivo” ogni flusso indirizzato all'”investimento”: com’è possibile ridurre a un “non performing loan” un’azienda chiusa per Covid? Com’è possibile negare a un’impresa i mezzi per ritrovare attraverso la digitalizzazione le vie della competitività in mercati rivoluzionati? Com’è possibile trattare i sistemi educativi alla stregua di “problema” quando sono invece la più importante opportunità di ogni sistema-Paese?

Draghi continua senza posa nella sua “intrapresa” di dire sempre i suoi whatever it takes: mettendo sempre a disposizione il suo patrimonio di credibilità personale. Nella speranza di essere ascoltato.  

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.