UN RISCATTO DELLA LAUREA LUNGO 30 ANNI
Si è parlato più volte nei mesi scorsi dell’importanza del riscatto di laurea ai fini pensionistici, reso anche meno costoso (a determinate condizioni) dalla riforma pensioni varata dal Governo Conte-1. Dalla Sicilia arriva una notizia che certamente fa riflettere sul tema. Infatti un dirigente regionale di 62 anni nel 1990 aveva presentato domanda di riscatto di laurea all’amministrazione regionale competente e, come spiega siciliaonpress.com, la richiesta è rimasta del tutto inevasa nel corso degli anni. Considerando oltretutto che il dirigente in questione necessitava del riscatto di laurea per poter accedere alla pensione con i criteri “pre-Fornero”, il disbrigo della pratica risultava fondamentale a tal fine e per questo nel 2015 era tornato a sollecitarne la definizione. Il Fondo Pensioni Sicilia era intenzionato a riconoscere il riscatto con riferimento proprio al 2015 e il ricorso alla Corte dei Conti regionale ha dato poi ragione, nei giorni scorsi, al dirigente regionale. Insomma, ci sono voluti 30 anni per avere diritto al riscatto richiesto.
L’AGEVOLAZIONE PER I PENSIONATI ALL’ESTERO
Secondo quanto dichiarato a Lapresse da Luciano Vecchi, responsabile del Dipartimento per gli Italiani nel Mondo del Pd, tra le misure inserite nella Legge di bilancio grazie agli emendamenti approvati c’è anche “il ripristino dell’esenzione Imu – nella misura del 50% – per i pensionati residenti all’estero, titolari di pensione in convenzione con l’Italia”. L’Unione Sarda riporta invece la richiesta di riforma pensioni che arriva dalla Fnp-Cisl regionale attraverso le parole del suo Segretario generale Alberto Farina: È scandaloso che in Italia 1 pensionato su 3 abbia un assegno pensionistico sotto 1000 euro/mese. Ancora più scandaloso in Sardegna dove questo rapporto diventa ancora più alto: su 421 pensioni erogate in Sardegna 236.000 non raggiungono 1.000 euro al mese”. Mediamente infatti i pensionati sardi percepiscono 1.100 euro al mese, mentre le donne solamente 660 euro al mese. Per questo la Federazione nazionale pensionati della Cisl, come del resto anche gli altri sindacati, chiedono che si riveda il meccanismo di rivalutazione delle pensioni.
LE CIFRE DELLE PENSIONI NEL 2021
La circolare n.148 dell’Inps ha chiarito, qualora ci fosse ancora bisogno di una conferma ufficiale, che non vi saranno aumenti nelle pensioni per l’intero 2021 stante i dati su crisi, inflazione e rivalutazione di fatto azzerata. In una tabella composta dai numeri e dati Inps, il Corriere della Sera ha riassunto tutte le principali cifre che interessano i pensionati italiani in attesa di una vera e propria riforma previdenziale: il trattamento minimo si ferma a 515.58 euro, con assegno sociale a 460,28 e la pensione sociale a 379.33. Come detto, zero aumento per pensione fino ai 2.63 euro, tra i 2063 e i 2578 e anche oltre; per quanto riguarda invece l’adeguamento Istat una tantum (su importo pensione al 31 dicembre 2020), i cambiamenti vedono 13 euro per le pensioni fino a 2.063 euro, 25,5 per il range 2.063-2.578, 24,55 per 2.578-3.094, 26,25 per 3.094-4.125, 26,32 per 4.125-4.641 e infine 26 euro per gli oltre 4.641. (agg. di Niccolò Magnani)
RIVALUTAZIONE ZERO PER IL 2021
In vista del nuovo anno, Repubblica ricorda che con una circolare del 18 dicembre, che si rifà a un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Inps “fa il punto, come di consueto, sulle previsioni di adeguamento per l’anno nuovo degli assegni previdenziali tenendo conto delle previsioni sull’inflazione del 2021 e facendo un consuntivo su quanto accaduto nel 2020. A gennaio, in sintesi, i pensionati riceveranno un mini-conguaglio per chiudere il conto del 2020, ma non si vedranno alzare gli assegni per il prossimo anno”. Questo perché nel 2020 l’inflazione è stata dello 0,5% contro lo 0,4% stimato (e quindi si avrà un conguaglio dello 0,1%) e perché si prevede nel 2021 un tasso dello 0,3%, ma poiché gli assegni non possono essere erosi, resteranno immutati. Se il tasso di inflazione l’anno prossimo sarà invece positivo, ci sarà un altro conguaglio a inizio 2022 per recuperare l’indicizzazione persa. Tra l’altro dovrebbe venire meno anche l’attuale blocco parziale delle indicizzazioni.
L’INTERVENTO DELLA RGS SULLA NONA SALVAGUARDIA ESODATI
Il testo definitivo della Legge di bilancio non è ancora ultimato. Infatti, la Ragioneria generale dello Stato ieri ha chiesto la cancellazione di 14 articoli e la correzione di altri 60 alla commissione Bilancio della Camera, che tornerà a riunirsi stamane. Come riportano i principali quotidiani, tra le norme colpite dalla scure della Rgs ce n’è anche una molto attesa riguardante i temi di riforma pensioni: la nona salvaguardia degli esodati, che risulterebbe “eccessivamente onerosa”. Come spiega Il Sole 24 Ore, per la Ragioneria generale dello Stato l’intervento “comporta maggiore spesa pensionistica con ulteriori e maggiori oneri non quantificati né coperti”. Oltretutto per la Rgs “non si tratta di esodati ma di salvaguardati”. Parole che si confrontano con un costo di 115,1 milioni di euro nei prossimi sei anni, dunque è davvero difficile parlare di intervento eccessivamente oneroso. Vedremo quali decisioni prenderanno i deputati della commissione Bilancio nelle prossime ore, chiamati anche a completare la relazione tecnica allegata all’emendamento.
RIFORMA PENSIONI, LA SITUAZIONE DELL’INPGI
Continua a destare preoccupazione la situazione dell’Inpgi. Anche la Legge di bilancio è intervenuta sul tema dando sei mesi in più all’Istituto previdenziale dei giornalisti italiani prima di procedere al commissariamento. Difficile che per evitarlo si possa fare a meno di una riforma pensioni che richieda dei sacrifici. Il comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti” ha scritto al capo dello Stato, come riporta primaonline.it, “per chiedere un intervento presso tutte le istituzioni interessate affinché sia confermata la garanzia pubblica dello Stato sul sistema pensionistico dei giornalisti, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali”. L’appello è stato sottoscritto anche da importanti firme come Lucia Annunziata, Stefano Folli, Guido Gentili, Marco Travaglio, Bruno Vespa, Ferruccio de Bortoli, Peter Gomez e Clemente Mimun.
LE PAROLE DI GUIDO BESANA
Guido Besana, vice segretario della Fnsi e presidente della commissione Contributi e vigilanza dell’Inpgi, intervistato da adginforma.it ritiene che il Governo voglia evitare il commissariamento dell’Istituto perché significherebbe “prendere l’Inpgi e trasformarla in una gestione a sé stante all’interno dell’Inps. Sulla quale operare secondo criteri praticamente da troika. Cioè andare a tagliare di un terzo tutte le prestazioni. È una soluzione che risolve i conti nell’immediato ma non risolve il problema strutturale. Il problema strutturale è: chi versa i contributi lì dentro. Chi fa informazione e comunicazione o solo i giornalisti iscritti all’albo?”. Per questo dal suo punto di vista l’unica soluzione è ampliare la base contributiva ai comunicatori.