Il 10 agosto Ankara aveva inviato una nave esplorativa e navi da guerra al largo dell’isola greca di Kastellórizo (9 kmq), a due chilometri dalla costa turca, ma sotto la sovranità greca. Ulteriori ricerche erano in corso intorno a Cipro. Provocazioni, certamente. Ma L’Europa stava guardando altrove, mentre la Francia ha avuto la capacità di salvaguardare il propio interesse strategico per l’area e il suo sostegno alla Grecia. Due aerei Rafale e navi francesi si sono infatti esercitate con le forze greche. Il 5 settembre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha alzato la voce: “Lo capiranno, o attraverso il linguaggio della politica e della diplomazia, o sul campo, attraverso amare esperienze”. Una settimana dopo, la Grecia ha annunciato l’acquisto di 18 jet Rafale. L’annuncio dei colloqui ha allentato la tensione. Il 22 settembre sono intervenuti al telefono i presidenti turco e francese, dopo alcune accese discussioni. Al culmine della crisi, Erdogan qualificò Emmanuel Macron come un “ambizioso incapace” … che riteneva che “il popolo turco, che è un grande popolo, meriti qualcos’altro” …
In questo caso, la Turchia si è servita della conformazione geografica per motivare la sua ambizione: la moltitudine di isole greche lungo la sua costa le impedisce di avere la vasta zona economica esclusiva che rivendica e i diritti di esplorazione del gas. Vuole quindi garantirsi riserve sfruttabili intorno a Cipro e in Libia, dove ha rafforzato la sua presenza.
Risorse vitali per questo Paese di 83 milioni di abitanti, che importa il 99% del suo gas. La politica di Erdogan illustra la volontà di potere geopolitica, la sua proiezione di potenza ispirata ad una spregiudicata realpoltik. Al potere dal 2003, il presidente turco discute sulla sua legittimità democratica e sulla vocazione storica del suo Paese. Il 26 agosto, durante la commemorazione della vittoria turca contro l’Impero bizantino nella battaglia di Manzikert (1071), pronunciò questo messaggio: “La Turchia otterrà la sua giusta quota nel Mediterraneo, nel Mar Egeo e nel Mar Nero”.
Questo programma è quello della “Patria Blu”, dottrina geopolitica condivisa dalle élite nazionaliste e islamiste per trasformare il loro paese in uno stato centrale eurasiatico e in una grande potenza marittima. “Stiamo per strappare le carte”, ha detto Erdogan, riferendosi al Trattato di Losanna del 1923 che ridisegnò i confini dell’Impero ottomano.
Proprio perché le ambizioni della Turchia sono ambizioni di potenza regionale, la politica estera turca si sta muovendo con estrema accortezza e coerenza ovunque: in Oriente, Siria e Libia, anche a rischio di attriti con la Russia. Si scontra con Arabia Saudita, Egitto, Iran. Non solo: Erdogan allo scopo di consolidare il suo potere fa ampio uso dell’islam politico al punto per esempio da trasformare in moschee antiche chiese come Hagia Sophia a Istanbul. Con un consenso nazionale ben organizzato, provoca l’Ue e la Nato perché sa che l’Occidente è debole e vulnerabile ma sa anche che, nonostante le sanzioni recenti sull’acquisto degli S-400, la Turchia rappresenta un pilastro indispensabile per il fianco meridionale della Nato in funzione di contenimento anti-russo e anti-iraniano. A questo d’altra parte serve l’infrastruttura militare di Incirlik.
Un altro fattore di debolezza dell’Ue – piaccia o meno agli analisti politicamente corretti – è la dimensione multiculturale dell’Europa: Erdogan ancora una volta sventola la sua “bomba migratoria”, i 2-3 milioni di migranti che minaccia di inviare in Europa.
Perché dovrebbe avere timore delle reazioni europee? La Turchia sta giocando sulle divisioni tra gli europei. L’obiettivo è semplice: disarmare gli europei da un aspetto della loro identità – quello cristiano – e consentire la crescita della fede islamica. Le istituzioni turche sfruttano il senso di vuoto nei cuori europei per suggerire e offrire l’opzione islamica che spesso viene presentata come cosmopolita e perfino esotica (sic!).
Proprio per questo la diplomazia di Erdogan non esita a penetrare i Balcani, sostenendo che quest’area geografica ha una storia e una cultura più vicine all’Anatolia che all’Europa romano-germanica. Inoltre la Turchia sta usando la sua appartenenza alla Nato per promuoversi nei piccoli paesi balcanici e il caso del Montenegro è uno dei tanti.
Sul piano geopolitico l’unico paese sunnita che potrà – nel prossimo futuro – contendere il primato alla Turchia si trova in Africa. Stiamo parlando dell’Egitto. Da questa constatazione deriva anche il rapporto ombelicale tra Turchia e Somalia, che impedisce all’Egitto di ampliare la propria sfera di influenza. Che sia in Montenegro, Siria o Somalia, i turchi non si nascondono più. Lavorano meticolosamente e non nel nome degli interessi ristretti del loro Stato, ma lo fanno nel nome dell’impero di Maometto, progettato per coprire l’intero pianeta e alla fine portare la pace all’umanità.