In questi giorni si discute molto sull’introduzione nella Legge di bilancio della cosiddetta “Cassa integrazione per i lavoratori autonomi”. È quanto meno improprio paragonare la Iscro (Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa) a un classico ammortizzatore sociale dei lavoratori dipendenti. Innanzitutto è doveroso ricordare che questa misura è stata inizialmente proposta dall’assemblea del Cnel, che ha approvato definitivamente il disegno di legge finalizzato ad ampliare le tutele per i lavoratori autonomi e liberi professionisti. A questo innovativo e importante documento ha partecipato attivamente l’associazione vIVAce!, che su mandato della Cisl partecipa alla consulta per il lavoro autonomo e le professioni, l’ambito di confronto nel quale è stata realizzata la sintesi tra tutte le realtà associative di rappresentanza del lavoro autonomo.
Sicuramente l’esperienza di questi mesi di pandemia ha reso ancora più evidente l’assenza di un sistema di welfare a sostegno dei lavoratori autonomi. Bisogna infatti ricordare che tutte le indennità previste per le partite Iva (bonus di 600 e 1.000 euro, contributi a fondo perduto, ecc..) sono misure contingenti legate all’emergenza, senza nessuna dimensione di strutturalità.
L’Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, ovvero un ammortizzatore sociale strutturale per i lavoratori autonomi che subiscono una forte contrazione del reddito, ha delle caratteristiche molto precise. Innanzitutto è importante vedere i requisiti, molto stringenti, che sono stati previsti: aver avuto una contrazione pari al 50% della media dei redditi conseguiti negli ultimi 3 anni e che il reddito dichiarato nell’anno precedente non sia superiore a 8.145 euro. In questa fase di implementazione normativa la scelta che è stata fatta ha la caratteristica della prudenza, infatti i valori di accesso sono molto stringenti, ma i criteri sono in qualche modo essenziali per evitare gli abusi: ci deve essere una forte contrazione, quindi un calo documentato del reddito, ma anche l’indicazione di un valore assoluto del reddito percepito.
L’indennità viene erogata per un massimo di 6 mesi per un valore economico di importo pari al 50% della differenza tra la media reddituale dei 3 anni precedenti a quello in cui si è verificata la decurtazione reddituale e il reddito dell’anno precedente a quello in cui è presentata la domanda, per un importo complessivo comunque non superiore a 6.516 euro.
Un altro punto sostanziale di questa indennità riguarda il suo legame con le politiche attive. Infatti, l’erogazione della Iscro è condizionata alla partecipazione dell’interessato a percorsi di aggiornamento e riqualificazione professionale. Quest’ultimo aspetto è il vero valore aggiunto del provvedimento, che deve necessariamente essere letto nel suo complesso: i destinatari non sono i disoccupati, come è per i dipendenti con la Naspi o i collaboratori per la Dis-Coll, ma sono lavoratori autonomi che hanno avuto una forte contrazione della loro attività, con redditi molto bassi. Da questo deriva che la sola politica passiva non sarebbe assolutamente risolutrice della problematica occupazionale del lavoratore autonomo, ma servirebbe solo da palliativo per un determinato periodo se non fosse invece collegata a una politica attiva, appunto finalizzata a sostenere la professionalità e le competenze del beneficiario della Iscro, così da supportare la persona in un consolidamento della propria posizione nel mercato del lavoro.
Per quanto riguarda questo aspetto legato alle politiche attive serviranno successive norme attuative, ma la cosa importante è il valore politico di questo provvedimento: dare un sostegno economico nel caso di grave contrazione e sostenere la riqualificazione attraverso l’aggiornamento delle competenze. Infine, si prevede, per il finanziamento di questa indennità, un incremento dell’aliquota contributiva pari allo 0,28%. Il Governo prevede anche un finanziamento statale aggiuntivo di circa un miliardo, per poi innalzare allo 0,51% la contribuzione per questa specifica misura a carico del lavoratore autonomo.
Sicuramente, come ogni introduzione normativa, serviranno delle correzioni e delle migliorie per rendere lo strumento ancora più corrispondente con i bisogni e le necessità dei lavoratori autonomi, ma con questa novità si è innanzitutto scardinato un principio, ovvero che le partite Iva sono anch’esse meritevoli di un sostegno economico in caso di forte contrazione reddituale della loro attività.