Dopo la malattia e il ricovero in terapia intensiva per Covid-19, il Cardinal Gualtiero Bassetti torna a parlare in una lunga intervista a “Libero” dove racconta quegli attimi terribili passati in corsia, supportato dal Rosario, dalle parole del Papa e dagli “angeli” che lo hanno soccorso. «Ho pensato a tutto l’amore che ho ricevuto e a quello che avrei potuto dare. Chissà quante opportunità ho avuto di fare del bene e non le ho sfruttate. Per questo ho pregato per tutti i malati che erano insieme a me e ho invocato il perdono per tutte le volte che non sono stato all’altezza. Alla fine dicevo dentro di me: Signore sono tuo», spiega il Presidente della Cei, accolto da un’ondata di preghiere e intenzioni nelle settimane passate in terapia intensiva a Perugia.
La paura della morte c’è stata, Bassetti non la nega affatto: «In terapia intensiva mi hanno spogliato di tutto. Solo la corona del rosario è rimasta nella mia mano, mentre entrambe le braccia erano ricoperte di aghi. A quella piccola catenina mi sono attaccato e ho invocato ardentemente la Vergine». Vicino a lui tutto il tempo quegli «angeli» – così li chiama Bassetti i medici e sanitari che lo hanno soccorso – per i quali «percepivo il loro grande sforzo nel donarsi completamente a noi, mettendo a rischio la propria vita. Ogni giorno un cappellano, fra Luigi, veniva a trovarci e mi ha sempre portato l’eucarestia». Una situazione che vede un parallelo secondo Bassetti addirittura a livello biblico, «I giorni che ho vissuto in terapia intensiva sono stati un po’ come quelli di Gesù nel deserto. Ho sentito l’arsura, la fatica di respirare, la lotta del mio corpo per respingere l’infezione».
CASSETTI, GLI ANGELI E IL POST-COVID
Concetto simile lo aveva espresso sempre il Cardinal Bassetti nell’intervista ad Avvenire 4 giorni fa: «Ho sperimento come in ospedale sovrabbondi l’amore. Ho incontrato medici in pensione che sono tornati in corsia per questa crisi sanitaria; dottori che non conoscono orari quando c’è un’emergenza; giovanissimi che si stanno specializzando e che ti manifestano la propria passione di donarsi; infermieri e infermiere “ragazzini” da cui dipendi in tutto e per tutto e che si fanno in quattro per te». Giovani, appassionati, ’angeli’ o come li cha chiamati Papa Francesco “i santi della porta accanto”: «Durante i turni di notte li ho scorti anche a pregare. Ecco il volto nobile della gioventù. Ho assaporato la bontà che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo. Una bontà che sorprende». Il Covid prosciuga, conclude l’arcivescovo di Perugia a “Libero Quotidiano”, toglie ogni energia fisica e mentale: «Nello stato di prostrazione dei giorni più duri, tutto il mondo attorno a te vacilla. Si perde la dimensione del tempo e dello spazio. Ma la fiammella della fede, nonostante tutto, ha continuato a bruciare. Il vento gelido della sofferenza non l’ha spenta. Grazie a Dio».