Anche i rocker, ogni tanto, devono arrendersi alle regole. È il caso di Piero Pelù, il trasgressivo per antonomasia, che con la sua musica e il suo look eccentrico viene spesso evocato come uno degli artisti tra i più rappresentativi del genere. Alla luce dell’emergenza coronavirus, però, anche Pelù ha voluto invitare il pubblico al rispetto delle disposizioni emanate in questo periodo. “Tanti auguri ragazzacci”, ha scritto su Facebook, “che sia un Natale comunque rock, ma anche ‘attento’… non abbassiamo la guardia, serve attenzione da parte di tutti, per fare in modo che ci si possa ritrovare presto di nuovo tutti insieme in grandi tavolate e in grandi concerti”. A proposito di concerti, Piero sarà stasera sul palco de L’anno che verrà, il tradizionale evento concertistico del 31 dicembre in onda per l’edizione 2021 eccezionalmente dagli studi ‘Fabrizio Frizzi’ di Roma.
Piero Pelù unico rocker sul palco
A L’anno che verrà – oltre a Piero Pelù – ci saranno artisti ben più ‘rassicuranti’ e ‘nazionalpopolari’ come ad esempio i Ricchi e Poveri, e viene da pensare che Pelù si sentirà un po’ un pesce fuor d’acqua o comunque un ‘outsider’, nel confronto con gli altri ospiti annunciati nel comunicato. Non sarebbe la prima volta, d’altronde: già a Sanremo, quest’anno, Piero aveva fatto la figura del personaggio ‘fuori posto’ tra i vari Zarrillo e Rita Pavone. Vero è che anche il Festival sta cambiando, e – da diversi anni almeno – non stupisce più vedere all’Ariston il rocker puro o il rapper ostentatamente giovanile. Proprio riguardo a Sanremo, nel febbraio scorso, Pelù ha rilasciato un’intervista al Corriere dichiarando: “Sanremo non è più quello di un tempo: negli anni 80 era inguardabile, si cantava in playback. Ci sono stati i festival di Fabio Fazio, che aveva in gara anche i Subsonica. Prima ancora ci sono passati Rino Gaetano, Zucchero, Vasco”.
Piero Pelù: “Non sono nazionalpopolare, ma istintivo”
Questi ultimi gli avrebbero fatto in qualche modo da apripista, anche se – nel corso degli anni – Piero Pelù se n’è senza dubbio distaccato: “Ammiro Vasco e il Liga, il loro modo di pianificare il lavoro in ogni minimo dettaglio, compresa la scrittura”, ha commentato su di loro, definendoli appunto ‘nazionalpopolari’. E “se vuoi essere nazionalpopolare devi pagare un prezzo. Il mio modo di scrivere invece è ancora legato all’istinto, al bambino che ho dentro: Peter Pan, o meglio Peter Punk. Ho degli impeti pazzeschi, poi magari sto fermo per mesi. Non è che mi metto su Internet a cercare ogni parola per vedere i link o i like; aspetto l’input che mi viene da quel che ho vissuto”.