Non spetta al Comune pagare il “secondo” alle maestre. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Venezia, accogliendo il ricorso presentato dal sindaco di Quarto d’Altino. Il tribunale, come sottolineato dal Corriere della Sera, ha infatti stabilito che l’ente locale non debba garantire un pranzo completo alla mensa dei docenti e edl resto del personale delle scuole dell’infanzia e primaria, stabilendo inoltre il rimborso, allo stesso ente locale, di quanto già versato. «Non ho nulla contro gli insegnanti a cui va la mia stima – le parole di Claudio Grosso, il sindaco di Quarto d’Altino, comune in provincia di Venezia – il punto è che il pagamento del pasto spetta al loro datore di lavoro non ai cittadini di Quarto d’Altino».
Il ministero dell’istruzione sulla questione ha fatto chiarezza, sollecitato dai sindacati, e specificando che «usufruisce della refezione scolastica, a titolo gratuito, anche il personale docente e non docente in servizio al momento della somministrazione del pasto». Sempre il Miur fornisce ai comuni un contributo, il quale però non copre l’intero pasto, quindi primo e secondo, ma solamente una delle due portate.
COMUNI NON DEVONO PAGARE IL SECONDO ALLE MAESTRE: “QUEI SOLDI LI DESTINEREMO AL SOCIALE”
Il comune di Quarto d’Altino, a riguardo, ha fatto sapere, come evidenziato attraverso il ricorso presentato dalla stessa amministrazione, che “l’aggiunta” dello stesso ente locale è pari a 1.63 euro a persona, i soldi che equivalgono al costo del secondo piatto. La Corte d’Appello veneziana ha riconosciuto che «non esiste, pacificamente, alcuna fonte normativa o pattizia che specifichi il diritto in esame, ovverossia cosa deve comprendere il pasto gratuito». Il Corriere della Sera si domanda quindi a questo punto chi deve stabilire quanto può mangiare il personale scolastico, e a riguardo i giudici fanno sapere che «la destinazione al servizio mensa dei docenti di un importo tale da consentire l’erogazione anche della seconda portata sia una questione demandata al piano del riparto dei fondi destinati alla contrattazione collettiva, il merito del quale non è sindacabile in questa sede». In poche parole, tocca al ministero e ai sindacati stabilirlo durante le contrattazioni. «Sono circa 5.000 euro all’anno – ha concluso Claudio Grosso – proprio la cifra che l’anno scorso abbiamo speso per cento sedie del centro anziani. La cifra che risparmiamo la destineremo al sociale».