Ci troveremo presto a dover fronteggiare un significativo incremento di problemi mentali, di disturbi del comportamento e di patologie legate al consumo di sostanze, dato che eventi estremamente stressanti come la pandemia Covid-19 possono indurre o esacerbare problemi psichiatrici. Lo ha affermato l’European Psychiatric Association in uno studio condotto anche con il contributo italiano del Dipartimento di Psichiatria dell’Università della Campania e degli istituti di neuroscienze dell’Università di Parigi.
E che il Covid-19, con tutto quello che ha portato con sé, sia stato e sia un evento “estremamente stressante” è evidenziato dalla stessa European Psychiatric Association che lo paragona ai più gravi disastri naturali (terremoti, tsunami…), alle guerre e alle atrocità dei conflitti internazionali che coinvolgono intere popolazioni. Con la differenza che, mentre in quelli si ha a che fare con un pericolo che si vede e da cui in molti casi ci si può allontanare o scappare, con il Covid-19 si ha a che fare con un nemico invisibile, che può essere ovunque e al quale sembra quasi impossibile sfuggire: può nascondersi anche nella persona più cara che hai accanto in questo momento, pronto ad aggredirti.
Quali sono le persone che questo nemico invisibile mette più a rischio di sofferenza psicologica? Secondo l’European Psychiatric Association sarebbero almeno quattro le tipologie di persone più a rischio: 1) coloro che hanno avuto un reale contatto diretto o indiretto con il virus (individui che hanno contratto il virus, altri che sono stati a stretto contatto con un contagiato e ne hanno condiviso la quarantena…); 2) coloro che sono già vulnerabili e soggetti a eventi stressanti di diversa natura psicologica o fisica (portatori di malattie oncologiche o croniche, affetti da disagi mentali preesistenti…); 3) il personale sanitario (a causa dell’altissimo livello di esposizione al rischio, ma anche i volontari delle diverse associazioni che in questi mesi hanno garantito un supporto fondamentale alla nostra comunità mettendo in gioco la propria vita); 4) persone che hanno subito l’incessante e incontrollata pressione delle news (ma soprattutto delle fake news) scatenata a livello mediatico.
Di particolare interesse quest’ultimo gruppo: le persone che, oltre alla pandemia, hanno sofferto l’impatto stressante dell’“info-demia”, come è stata chiamata questa pressione mediatica “senza precedenti” fin dal febbraio scorso addirittura dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Commissione europea. Dal discorso tenuto da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, in occasione della conferenza sulla sicurezza tenutasi a Monaco di Baviera nel febbraio 2020 si desume che il bombardamento di cattiva informazione e fake news che ha colpito gran parte degli abitanti di tutto un pianeta connesso a piattaforme come Facebook, Google, Pinterest, Tencent, Twitter, TikTok, YouTube, correndo più velocemente del virus, ha fatto superare i normali e razionali livelli di allarme provocando grave disinformazione, disorientamento, paura e isteria senza fondamento. Comportamenti fortemente irrazionali che da un lato hanno favorito incassi enormi da parte di chi ha saputo trarre guadagno da questa situazione (nel giro di un anno il numero di utilizzatori dei social è aumentato di 321 milioni… come ha poi sottolineato Věra Jourová, vicepresidente della Commissione europea riprendendo la riflessione di Ghebreyesus).
E comportamenti che però, dall’atro lato, sono stati, e sono, l’anticamera di enormi disagi psicologici su cui è necessario intervenire da subito dato che l’Oms da anni ci avverte sull’aumento continuo di disturbi mentali nella nostra società con l’invito a fare subito qualcosa per migliorare la situazione. Questo invito è stato ascoltato? Il 10 ottobre 2020 si è celebrata a livello internazionale la Giornata mondiale della salute mentale, ma da noi non se n’è accorto nessuno. E, in generale, i media hanno continuato indifferenti il loro martellante refrain di dati e statistiche, pur utili per affrontare i problemi riguardanti la salute fisica di un intero Paese, ma non quella psicologica.