“Possiamo confermare di aver presentato all’Agenzia europea dei medicinali Ema un pacchetto di dati completo per la richiesta di autorizzazione al mercato condizionata per il vaccino Covid-19”. Lo ha reso noto ieri AstraZeneca. Ma la risposta dell’Ema non si è fatta attendere: sono state richieste “ulteriori informazioni scientifiche su questioni relative alla qualità, sicurezza ed efficacia del vaccino” anti-Covid “per supportare il rigore richiesto per un’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio”. Dubbi che invece non ha sollevato la Mhra, l’Agenzia del farmaco britannica, la quale ha dato proprio ieri il via libera all’uso di emergenza del vaccino prodotto da AstraZeneca e Università di Oxford, tanto che il governo britannico ne ha già comprate 100 milioni di dosi e il 4 gennaio inizierà la somministrazione. Come si spiega il ritardo dell’Ema? Di quanto allungherà i tempi di approvazione? E la mancata autorizzazione quanto metterà a repentaglio il piano vaccini elaborato dal commissario Arcuri? Lo abbiamo chiesto a Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.
Il comitato tecnico Chmp dell’Ema sta valutando qualità del vaccino, cioè ingredienti e modo in cui viene prodotto, efficacia e sicurezza. Che cosa significa?
Vuol dire che la documentazione presentata è incompleta. Probabilmente AstraZeneca non ha descritto tutti i particolari, è obbligatorio fornire indicazioni non solo su quella che è la composizione del vaccino, ma anche sulla purezza di tutto ciò che contiene. Qualità, efficacia e sicurezza sono le tre caratteristiche che la legislazione europea richiede a un nuovo farmaco per la sua autorizzazione.
Queste richieste di quanto possono allungare i tempi per l’approvazione?
Di poco o di tanto dipende da quanto ci metterà AstraZeneca a rispondere.
È ipotizzabile che AstraZeneca non abbia avanzato prima richiesta all’Ema temendone la severità di giudizio?
Non penso. È vero però che l’Ema, dovendo tutelare un mercato ampio come l’Unione Europea, ci mette un po’ di tempo a emettere i suoi verdetti.
Secondo lei, lo stop ad AstraZeneca non ha motivazioni politiche, cioè tenere in stand by il vaccino realizzato dai “cattivi” della Brexit?
Non credo proprio, anche perché AstraZeneca non ha inviato richiesta di autorizzazione neppure alla Fda americana.
AstraZeneca nei mesi scorsi aveva già evidenziato dei problemi, vero?
Sì. Sappiamo che aveva rilasciato in passato alcune dichiarazioni, annunciando, per esempio, che la metà dose era più attiva della dose intera, che l’attività nei soggetti con più di 70-75 era minore che non nei soggetti adulti, che erano in corso trattative con la Russia per quanto riguarda lo Sputnik V per poter confrontare il proprio adenovirus con quello utilizzato dai russi, con l’idea di un possibile accordo per individuare il miglior vettore virale e per produrre il vaccino.
In Gran Bretagna invece il vaccino AstraZeneca ha ottenuto proprio ieri l’autorizzazione dall’Mhra, l’Agenzia del farmaco britannica.
AstraZeneca, e avrà le sue ragioni, ha deciso per ora di registrare il suo vaccino in Gran Bretagna.
La Gran Bretagna però è sotto schiaffo per la “variante inglese” del Covid. AstraZeneca non avrebbe dovuto essere più cauta?
A quanto pare la “variante inglese” non dovrebbe influenzare l’efficacia del vaccino. La variante è “un” cambiamento, il vaccino agisce su molte parti della proteina Spike. Non credo che possa essere una ragione ostativa.
E la stessa Mhra non avrebbe dovuto muoversi con minore fretta?
Posso pensare che la Gran Bretagna abbia deciso di utilizzare il vaccino AstraZeneca solo per i pazienti adulti, visto che su quelli più anziani non risulta molto efficace. Così, avendo anche il vaccino Pfizer, con due sieri si possono adottare diverse strategie vaccinali.
A causa di questo ritardo sull’approvazione, che conseguenze potrebbero esserci sul piano Arcuri, visto che AstraZeneca è uno dei maggiori fornitori di vaccini dell’Italia con oltre 40 milioni di dosi?
Noi abbiamo fatto la scelta di privilegiare AstraZeneca ed è stato un errore.
Perché?
Avevamo lanciato un appello a suo tempo affinché non si facessero le cose all’ultimo momento. Allora erano in corsa almeno dieci candidati vaccini e avevamo chiesto di seguire tutti gli iter con attenzione, giocando le nostre carte su tutti. Invece abbiamo puntato forte su AstraZeneca, poco su Pfizer e ancora meno su Moderna, con la quale è stato trovato un accordo solo un mese fa. E questo è il risultato del fatto che qualcuno in Europa si è mosso per proprio conto prima dell’accordo.
Moderna dovrebbe ricevere l’autorizzazione dell’Ema il prossimo 6 gennaio, però ci fornirà solo 10 milioni di dosi.
E non sappiamo neppure quando arriveranno. Oltre tutto Moderna, che è stata finanziata da molti fondi pubblici americani, prima di tutto risponderà alle esigenze degli Stati Uniti. E questo mette in evidenza che il piano vaccinale italiano difetta di trasparenza: quanto abbiamo pagato? quali sono le condizioni? qual è la tempistica? Non basta comunicare quanti milioni di dosi si utilizzeranno, perché in fondo sono in gioco risorse pubbliche.
Oltre ad AstraZeneca, le maggiori quantità di dosi dovrebbero arrivare anche da Johnson&Johnson e da Sanofi, ma tutte e tre queste aziende sono in ritardo. Il piano Arcuri, dunque, parte in salita?
In pratica adesso possiamo utilizzare solo le 450mila dosi settimanali, che riceveremo per tre mesi, del vaccino Pfizer/BioNTech. Il che significa che nel primo trimestre potremo contare su 5,5 milioni di dosi con la possibilità quindi di vaccinare meno di 3 milioni di persone. È molto meno di quello che pensavamo di fare entro la fine della primavera e sarà così finché non avremo altre dosi di altre aziende.
Il vaccino AstraZeneca costa poco e non richiede una “catena del freddo” particolarmente sofisticata. Due vantaggi non da poco, non crede?
Infatti lo aspettavamo con interesse, perché – a differenza non solo del vaccino Pfizer, da conservare a -80°, ma anche di quello di Moderna, che va gestito a -20° – avrebbe semplificato l’organizzazione logistica legata allo stoccaggio e alla distribuzione.
Rispetto a Pfizer e Moderna, che puntano sulla tecnologia a mRna, AstraZeneca utilizza un adenovirus. Che funzione ha?
Funge da vettore virale. Il materiale genetico, invece che essere formato da nanoparticelle ricoperte da lipidi che entrano nelle cellule, in questo caso viene trasportato da un adenovirus.
E dal punto di vista della sicurezza e dell’efficacia esistono differenze sostanziali?
Il processo di immunizzazione è lo stesso.
Ma c’è chi dice che il vaccino AstraZeneca garantisca un’immunità più duratura.
Non abbiamo i dati, perché non è passato il tempo necessario. Per sapere che l’immunità dura sei mesi o un anno bisogna che passino i sei mesi o l’anno. Ma finora non sono ancora passati. Non c’è base scientifica.
(Marco Biscella)
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